(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 14 apr. - La vulvodinia, un disturbo della vulva caratterizzato da dolore cronico, bruciore e difficoltà nei rapporti sessuali, non è affatto infrequente, come si crede. Secondo lo studio ESOVIA fino al 15% delle donne tra i 20 e i 40 anni ne sono affette ma la patologia in realtà può presentarsi a qualunque età con un picco anche nella fascia pre-menopausale.
"In anni recenti la comunità scientifica si è ricreduta nei confronti della vulvodinia, poco conosciuta all'interno della classe medica, spesso etichettata come un disturbo più della sfera psichica della donna - dice Rossana Cirillo, ginecologa e sessuologa a Genova - alla luce degli studi più recenti si ritiene che si tratti di una disfunzione di sistema piuttosto che un'affezione d'organo". Dunque, una sindrome cronica dovuta ad un'alterazione neurosensoriale. Alla base del disturbo c'è un processo infiammatorio delle terminazioni nervose localizzate all'ingresso del canale vaginale, nella zona vestibolo-vaginale.
L'infiammazione sarebbe provocata da una iperattività dei mastociti, cellule del sistema immunitario la cui disregolazione induce la produzione a cascata di diversi fattori infiammatori. Come conseguenza si instaura una contrazione della muscolatura pelvica con ipertono. In seguito subentrano ansia, depressione e riduzione del desiderio sessuale. La diagnosi è spesso ritardata per la complessità dei sintomi che richiede la consulenza di diverse figure mediche. Circa il 12-15% delle donne lamenta dolore durante i rapporti sessuali, percentuale che sale al 44% in post- menopausa, di queste l'89% accusa vulvodinia. Il disturbo è di solito associato a comorbilità multiple: la più frequente è l'infezione cronica da Candida seguita da sindrome della vescica dolorosa, cistiti e da sindrome del colon irritabile. Non infrequenti la sindrome premestruale, la stipsi, la fibromialgia e l'endometriosi. "Se non viene diagnosticata subito e trattata in maniera adeguata, si innesca un circolo vizioso per cui la vulvodinia può distruggere la vita di coppia; la figura centrale è il ginecologo- afferma Filippo Murina, responsabile del servizio di patologia vulvare all'ospedale "Buzzi" ICP-Università di Milano- tuttavia, la condizione ottimale nella gestione di questa patologia è disporre di un team multidisciplinare con specifiche competenze tra le quali l'urologo per i disturbi urinari sovente associati, il fisioterapista e l'ostetrica per la riabilitazione e uno psicosessuologo. Il successo dei trattamenti dipende dalla multimodalità di diversi approcci e da una personalizzazione: nessuna paziente è uguale ad un'altra". Numerose le terapie disponibili che mirano a rilassare la muscolatura e a riequilibrare l'ipersensibilità dei nervi.
L'elettrostimolazione, tecnica innocua e indolore, si avvale di una sonda che introdotta in vagina emette uno stimolo elettrico a bassa intensità, serve per abbassare l'iper eccitabilità nervosa. I farmaci più usati sono antidepressivi come l'amitriptilina, che agiscono come terapia del dolore. La riabilitazione del pavimento pelvico è molto importante, come tecniche di rilassamento, stretching, biofeedback. "Una variante dell'elettrostimolazione, è l'elettroporazione vaginale - spiega Murina - in cui la sonda rilascia un mix di farmaci che agiscono localmente".
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http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/02/10/se-il-dolore-azzera-la-sessualita39.html (Wel/ Dire)