Maria Felice Pacitto racconta la figura di una donna filosofa
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 14 apr. - "Una grande filosofa, fondamentale per la costruzione della soggettività famminile. È Edith Stein, ebrea come Simone Weill e Hanna Arendt. Tre donne filosofe che hanno segnato il percorso speculativo del secolo scorso. Tre donne il cui discorso si dispiega sullo sfondo drammatico del nazismo. Voci che hanno saputo interpretare il desiderio della donna a poter essere piuttosto che ad avere, contro il conformismo massificante della contemporaneità. Un poter essere che si esprime nella Arendt attraverso la teorizzazione di una filosofia inserita pienamente nella vita e nel sociale, nella Weill con la ricerca di una mistica estetica , nella Stein con la comprensione dell'uomo. La loro opera è inscindibile dalla loro vita". Il Centro di Psicologia Umanistica ed Analisi Fenomenologico-Esistenziale ha dedicato alla Stein un incontro in occasione della Festa delle donne.
LA STORIA DI UNA GRANDE FILOSOFA - "Edith Stein nacque a Breslavia nel 1991. Intraprese nella stessa città gli studi di letteratura e di psicologia. Nel 1913 si trasferì a Gottinga, attratta dall'ambiente universitario particolarmente innovativo. A Gottinga si parlava di filosofia dalla mattina alla sera! Ella era particolarmente dotata, per cui le fu facile inserirsi nel mondo universitario. Qui divenne allieva e poi assistente di Edmund Husserl, il fondatore della fenomenologia. Discuterà proprio con lui la tesi di dottorato che darà luogo al primo lavoro teorico della Stein, pubblicato con il nome de 'Il problema dell'empatia'. Si tratta del testo forse più conosciuto della filosofa- racconta Maria Felice Pacitto, direttrice del Centro- tornato in auge soprattutto dopo la scoperta, in ambito neuro scientifico, delle cellule specchio, che sono appunto i neuroni responsabili delle nostre capacità empatiche".
Dunque nel 1916 divenne "dottore in filosofia, cosa molto insolita per quei tempi. Dopo due anni di collaborazione lasciò il maestro anche se rimase in ottimi rapporti con lui. Nel 1922 la conversione al cattolicesimo. Racconta lei stessa le circostanze della sua conversione: decisiva fu la lettura della vita di Santa Teresa letta in una sola notte in un'estate del '21. La conversione, che all'epoca si verificò spesso, era un tema drammatico per gli ebrei. L'esser diventata cattolica non segnò per la Stein il distacco dal suo essere ebrea- approfondisce Pacitto- anzi la portò ad una riscoperta della ebraicità. Tentò successivamente l'abilitazione all'insegnamento universitario, ma si scontrò con una mentalità che non concedeva spazio alle donne, anche se ottenne che diventasse legalmente possibile. In questi anni partecipò al dibattito sulla condizione femminile della donna elaborando il suo punto di vista, innovativo per l'epoca, di una specificità dell'animo femminile (Formazione e vocazione della donna). Nel 1931 e '32 le si presentarono altre due occasioni di insegnamento universitario che sfumarono rapidamente. Andò, dunque, ad insegnare nell'Istituto tedesco di Pedagogia scientifica di Munster finché nel '33 una nuova legge del Reich impedì agli ebrei l'accesso all'insegnamento. Edith aveva intuito da tempo che il nazismo era estremamente pericoloso (lo paragonava al 'Maligno') e che gli ebrei erano in pericolo estremo. Eppure- prosegue la direttrice- nonostante avesse la possibilità di andare ad insegnare in America Latina decise, assecondando una vecchia idea, di entrare al Carmelo di Colonia. Qui termina il testo, forse, più importante della sua elaborazione teorica 'Essere finito ed essere eterno'(1936), che non poté, ovviamente, essere stampato per le leggi restrittive nei confronti degli ebrei".
In questo testo tenta "una conciliazione tra la fenomenologia e il pensiero di San Tommaso. Intanto le condizioni di vita degli ebrei sono diventate impossibili: c'è una vera e propria caccia all'ebreo. Edith insieme alla sorella Rosa, che l'ha seguita in convento, viene fatta espatriare in Olanda presso il convento di Echet. Nel 1940 i tedeschi invadono l'Olanda, promettendo che non avrebbero perseguitato gli ebrei convertiti prima dell'invasione. Nel 1942 viene invece decisa la soluzione finale degli ebrei e incominciano le deportazioni di massa verso i campi di sterminio. I vescovi olandesi pubblicano un documento di condanna della persecuzione antisemita. Immediata fu la risposta vendicativa delle forze tedesche: qualche giorno dopo il 2 agosto 1942 vennero deportati cattolici olandesi di origine ebrea. Due agenti della Gestapo fecero irruzione nel Carmelo e prelevarono anche Edith e la sorella Rosa. Condotte a Westerbork, un vero e proprio campo di smistamento , e successivamente trasferite ad Auschwitz, morirono il 9 agosto in una camera a gas. Nel 1998 Giovanni Paolo II la canonizzò come martire e- conclude Pacitto- successivamente la proclamò co-patrona d'Europa".
(Wel/ Dire)