Roma, 16 mag. - "L'impennata delle infezioni ospedaliere, ormai causa di quasi 50 mila decessi ogni anno, e' un campanello d'allarme grave che non va archiviato come effetto collaterale fisiologico connesso al ricovero. Semplicemente perche non e' cosi', siamo di fronte a una emergenza gravissima". Lo dichiara Pier Luigi Bartoletti, vice presidente Omceo Roma.
"Passare in pochi anni- continua- dai 18.668 morti del 2003 ai 49.301 del 2016 - come denuncia il rapporto OsservaSalute - segnala che il problema ha ormai assunto dimensioni tali da non poter essere ignorato o sottovalutato come spesso accade. I medici di ospedali grandi e piccoli conoscono la vastita' del fenomeno ma sono quasi sempre lasciati soli ad affrontarlo fidando nei miracoli, ormai sempre piu ridotti, degli antibiotici e delle misure di profilassi. Armi efficaci, anzi salvavita, ma che stanno perdendo sempre piu' terreno poiche' la causa principale di questa piaga, che colpisce soprattutto gli anziani over 75, e' con tutta evidenza marcatamente, se non esclusivamente, organizzativa, logistica e strutturale".
"Dunque- dice ancora Bartoletti- l'urgenza sta nella necessita' di costruire un muro di misure adeguate e utili a ridurre le proporzioni del fenomeno. Le soluzioni da intraprendere richiedono certo una ancora piu' puntuale appropriatezza clinica, ovvero la corretta prescrizione ed assunzione di antibiotici, l'adozione di piu' rigidi protocolli di misure di sicurezza come il lavaggio delle mani, ma soprattutto quel che serve e' una diversa e piu' efficace appropriatezza organizzativa, ovvero l'adozione da parte delle Aziende Sanitarie di procedure, in coerenza con il Dlgs 231/2001. Finche', per esempio, i pazienti e in particolare quelli anziani sosteranno troppo a lungo nei grandi ambienti dei pronto soccorso, sara' oggettivamente difficile, contenere la diffusione di queste infezioni, e lo sara' ancor di piu' se i reparti destinati ad ospitare i pazienti nel momento di maggiore fragilita', come rianimazione o terapie intensive, sono ospitati in locali non adeguati e ben protetti come spesso accade magari in fase di lavori di ristrutturazione edilizia".
"Il problema della vetusta' di molte grandi strutture ospedaliere pubbliche, soprattutto nel Centro Sud, con logiche architettoniche dell'inizio del 900 o degli Anni 60, dove i problemi di salute erano altri, rende difficile per non dire in alcuni casi impossibile, garantire livelli di sicurezza come nelle strutture ospedaliere progettate e costruite in epoca recente. La carenza di personale e i tagli imposti da logiche di bilancio con stringenti obiettivi per i manager della sanita' pubblica, non aiutano nell'innalzare i livelli di sicurezza. Di fronte a questi dati occorre constatare, con amarezza, che gli strumenti normativi esistenti, procedure di risk management ed i protocolli clinici implementati evidentemente non bastano. La parte medica fa il suo, ma se a cio' non corrisponde una revisione profonda dell'assetto organizzativo, c'e' poco da sperare in un miglioramento. Ma l'allarme ormai e' rosso e non c'e' piu' tempo da perdere" conclude Bartoletti.
(leggi il comunicato)
(Comunicati)