Roma, 3 lug. - "L'89,6% degli infermieri e' stato vittima di violenza fisica/verbale/telefonica o di molestie sessuali da parte dell'utenza sui luoghi di lavoro. Il dato allarmante lo ha elaborato il Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell'Universita' di Tor Vergata di Roma e mette in evidenza la necessita' assoluta di un intervento che blocchi il fenomeno sempre piu' diffuso delle aggressioni". Cosi' in una nota Fnomceo e Fnopi.
"Per quanto riguarda la violenza fisica- prosegue la nota- i dati parlano chiaro (la somma non da' 100 perche' possono essersi manifestate varie forme di aggressione nello stesso caso): nel 43,1% dei casi si tratta di lancio di oggetti e sempre nel 43,1% di casi di sputi verso l'operatore sanitario, ma a seguire (39,1%) ci sono graffi, schiaffi e pugni (37,2%), tentata aggressione (36,6%) spintoni (35,4%), calci (26,2%) e cosi' via. Per non parlare di quante volte gli infermieri sono oggetto di violenze verbali (urla, offese, insulti, minacce ecc.): nel 26,6% dei casi e' capitato piu' di 15 volte, ma nel 35,7% tra 4 e 15 volte e nel 31,9% dei casi da una a tre volte".
"Cosa provocano gli episodi di violenza? Lo studio- si legge ancora- evidenzia che nel 41,8% dei casi scatta negli infermieri difficolta'/calo di concentrazione per l'intero turno, nel 16,9% paura e nella stessa percentuale rabbia, nel 18,9% dei casi chi e' stato soggetto a violenza delega le proprie attivita' verso l'utente a un altro collega e nel 5,5% dei casi si arriva anche a soffrire di un comportamento di esclusione tale da compromettere l'esecuzione delle proprie attivita'. Dati questi che assieme a quelli elaborati dalla Federazione degli Ordini dei medici e dai sindacati di categoria aumentano ancora la dimensione del fenomeno: Il 50% dei medici ha subito, nell'ultimo anno, aggressioni verbali; il 4% e' stato vittima di violenza fisica. Oltre il 38% si sente poco o per nulla al sicuro e piu' del 46% e' abbastanza o molto preoccupato di subire aggressioni".
"Per questo la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, assieme alla FnomCeo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, offrono gratis ai loro iscritti corsi FAD (formazione a distanza) specifici che si basano su interventi di comunicazione verbale e non, con l'obiettivo di diminuire tensione e aggressivita' nella relazione interpersonale. E che consentono di avere a chi conclude il corso numerosi crediti ECM. L'accessibilita' al corso per infermieri e medici e' prevista accedendo ai corsi dai rispettivi portali istituzionali".
"Il progetto- prosegue il comunicato- si chiama "C.A.R.E.
(Consapevolezza, Ascolto, Riconoscimento, Empatia) - Prevenire, riconoscere, disinnescare l'aggressivita' e la violenza contro gli operatori della salute" ed e' composto di 12 sezioni; per ogni sezione sono previste alcune attivita' obbligatorie: uno o piu' video relativi ad argomenti specifici; la consultazione dei testi dei video; un questionario di valutazione ECM con domande a risposta multipla che sondano le conoscenze acquisite.
I titoli dei vari capitoli vanno, ad esempio, da "no ai pregiudizi" a "dalla rabbia all'aggressivita' alla violenza", da "la comunicazione e l'ascolto" a "la paura e il suo linguaggio", da "il conflitto" a "affrontare e gestire una crisi" e ancora, sempre come esempio, da "bullismo e incivilta' nel lavoro (infermieristico e medico)" fino a "decidere, tra ragione e intuizione, e le tecniche avanzate dei negoziatori in contesti critici".
Il responsabile-realizzatore dei corsi e' il Prof. Massimo Picozzi, psichiatra, criminologo e scrittore, docente per la Polizia di Stato e per l'Arma dei Carabinieri, responsabile del laboratorio di "Comunicazione non verbale e gestione dei conflitti" presso lo IULM di Milano. La filosofia del corso si basa sulla de-escalation, una serie di interventi basati sulla comunicazione verbale e non verbale, appunto, che hanno l'obiettivo di diminuire l'intensita' della tensione e dell'aggressivita' nella relazione interpersonale.
"La persona che assume un atteggiamento aggressivo e' un soggetto che non si sente compreso e attraverso il suo comportamento violento vuole esprimere questo disagio: il compito di ogni operatore e' riconoscere queste particolari esigenze per evitare episodi di rabbia incontrollata e comprendere il suo stato d'animo e le sue emozioni; parliamo in questo caso dell'utilizzo del Talk Down. Un meccanismo da prendere in considerazione anche in presenza di elementi che possano ferire i soggetti presenti (martelli, coltelli, oggetti contundenti), ma in tal caso si dovra' pensare a attuare un intervento mediato dalle Forze dell'Ordine e allontanarsi.
Utilizzare toni pacati, un linguaggio socioculturale in linea con la persona, non sovrapporsi alle parole della persona, accertarsi di essersi fatti capire e capire, non utilizzare toni accusatori o paternalistici, non rispondere con toni aggressivi e poi anche mantenere sempre il contatto visivo, la distanza di sicurezza, il contatto emotivo (risonanza-uguaglianza emotiva. Es. se lui si alza, anche io mi alzo), evitare qualsiasi contatto fisico, anche quando sembra che la situazione sia risolta sono solo alcuni degli atteggiamenti da imparare e utilizzare in caso di tentativo di aggressione", precisa la nota.
"Uno dei dati a nostro avviso piu' allarmanti- spiega il presidente della FnomCeO, Filippo Anelli- e' la rassegnazione che emerge dalle risposte dei nostri colleghi: il 48% di chi ha subito un'aggressione verbale ritiene l'evento 'abituale', il 12% 'inevitabile', quasi come se facesse parte della routine o fosse da annoverare tra i normali rischi professionali. Le percentuali cambiano di poco in coloro che hanno subito violenza fisica: quasi il 16% ritiene l'evento 'inevitabile', il 42% lo considera 'abituale'".
"Questa percezione falsata e quasi rassegnata del fenomeno - aggiunge Anelli - porta con se' gravi effetti collaterali, come la mancata denuncia alle autorita', l'immobilismo dei decisori, ma anche il burnout dei professionisti, con esaurimento emotivo, perdita del senso del se' e demotivazione nello svolgimento della professione".
"La nostra professione- ha commentato la presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche Barbara Mangiacavalli, la piu' numerosa d'Italia e che vede coinvolti negli atti di violenza una percentuale altissima di infermieri- ha come scopo il rapporto coi pazienti. È per noi un elemento valoriale importante sia professionalmente che per il 'patto col cittadino' che da anni ci caratterizza. Per noi e' essenziale avere una relazione privilegiata con loro, per comprendere come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. Ed e' altrettanto essenziale che i cittadini, spesso sopraffatti dalla tensione e dalle paure che generano i problemi di salute, purtroppo il piu' delle volte anche gravi, comprendano che i nostri professionisti lavorano per loro e per il loro bene e non li aggrediscano, ma li mettano nelle condizioni di dare il meglio di se' per poterli davvero aiutare".
(Comunicati)