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Innovazioni mediche scaturite da Grande Guerra raccontate in un convegno, con patrocinio Omceo Roma
(DIRE) Roma, 20 nov. - 'Innovazioni mediche e chirurgiche a seguito del Primo conflitto mondiale'. E' il titolo del convegno, patrocinato dall'Omceo Roma, che si e' svolto all'Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria a Lungotevere in Sassia. La ricorrenza dei cento anni della Prima Guerra Mondiale e' stata l'occasione il dibattito volto a valorizzare il ruolo del medico e di tutti gli operatori sanitari, a seconda del corpo di appartenenza e delle attivita' specifiche di ciascuna arma.
"La grande guerra ha portato moltissimi colleghi di tutto il mondo medico ad impegnarsi nella gestione delle infezioni, la vera causa di morte al fronte. In guerra si moriva piu' per tetano, colera e febbri tifoidi che per le ferite riportate sul campo di battaglia" ha raccontato Giancarlo Roscio, cardiologo e autore, insieme a Pierluigi Mottironi, della pubblicazione 'La Sanita' militare italiana durante la Grande Guerra'.
"Bisogna considerare- ha continuato- che all'epoca eravamo ancora nell'era preantibiotica e presulfamidica". L'unica vera salvezza era rappresentata dalla "soluzione Dakin, introdotta solo a guerra gia' avviata, capace di abbattere le morti nei soggetti trattati sino al 20%". I milioni di morti della Grande Guerra rappresentarono un grande banco di prova per i medici di tutto il mondo, alcuni di questi riuscirono a sfruttare delle tecnologie belliche per creare nuovi medicinali. Basti pensare che, nel 1935, "Gerhard Domag partendo da un derivato dell'anilina, scopri' il prontosil rubro, precursore di una classe di chemioterapici. In pratica utilizzo', in dosi diverse con procedure diverse, l'iprite, detto il gas mostarda, usato come arma chimica proprio nella Grande Guerra".
Passi avanti anche nella chirurgia plastica, specialmente quella ricostruttiva. Al fronte ci fu un'importante collaborazione di alcuni scultori che misero la loro arte a servizio della Divisione, come Anna Coleman e Francis Derwent Wood che "fornirono le maschere per i soldati che erano stati sfigurati in guerra". Un soldato ferito seguiva un iter preciso. La prima tappa era vicino alle trincee dove c'erano i posti di medicazione, in genere uno per battaglione, dove si prestavano le prime cure ai bisognosi, affiancati in montagna da piccole infermerie. In queste strutture avveniva la classificazione dei feriti secondo un codice colore: bianco, ferito leggero; verde, ferito grave, ma trasportabile; rosso, ferito grave non trasportabile, quindi da lasciar morire.
I medici disponevano di una attrezzatura minima: garze, alcuni strumenti chirurgici, grappa e cognac come anestetico e la morfina per alleviare il dolore ai feriti piu' disperati. Dal posto di medicazione di primo soccorso il ferito veniva trasportato nell'ospedale da campo, generalmente a braccio, in barella, a dorso di mulo o addirittura in teleferica.
Nell'ospedale da campo i medici effettuavano i primi interventi chirurgici d'emergenza e se andava male c'era annesso anche un piccolo cimitero. Le cronache ci raccontano che, in percentuale, dopo la fanteria fu proprio il Corpo di sanita' militare a subire il maggior numero di perdite. "I barellieri erano quelli che rischiavano piu' di tutti", "consideriamo che la vita di trincea era dura, l'aspettativa di vita media era di sei settimane, e spesso si sviluppavano anche una serie di patologie specifiche come il piede e la bocca da trincea".
Se il ferito si riprendeva veniva inviato con autocarri, ambulanze o anche imbarcazioni, verso gli Ospedali da Campo divisionale o d'Armata che erano dotati di vere e proprie sale chirurgiche, di sterilizzatrici in autoclave e di apparecchiature radiologiche. Qui i feriti venivano curati e se non erano gravi completavano la loro degenza. I feriti gravi venivano destinati agli Ospedali militari di tappa e di riserva per la lunga degenza. Il trasferimento di questi feriti avveniva con autocarri o nella maggioranza dei casi con treni ospedali. Qui malati, feriti e convalescenti venivano smistati ai settori sanitari di tappa e piu' avanti, all'interno del Paese, ai settori sanitari territoriali da cui iniziava l'eventuale flusso di rientro dei convalescenti ai reparti. A guarigione avvenuta, i soldati si recavano ai propri distretti militari per una visita di idoneita' che stabiliva se il convalescente era nuovamente in grado di combattere. In tal caso il soldato ritornava in zona di guerra, ma non necessariamente allo stesso reggimento presso cui aveva prestato servizio.
(Edr/ Dire)
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PRESIDENTE Antonio Magi |
VICE-PRESIDENTE Pier Luigi Bartoletti |
SEGRETARIO Claudio Colistra |
TESORIERE Luisa Gatta |
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CONSIGLIERI MEDICI |
Foad Aodi |
Musa Awad Hussein |
Roberto Bonfili |
Stefano Canitano |
Gianfranco Damiani |
Giuseppe Imperoli |
Luigi Tonino Marsella |
Cristina Patrizi |
Ivo Pulcini |
Rosa Maria Scalise |
Maria Grazia Tarsitano |
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COMMISSIONE ODONTOIATRI |
PRESIDENTE Brunello Pollifrone |
SEGRETARIO Sabrina Santaniello |
COMPONENTI Nicola Illuzzi |
Giuseppe Marzo |
Giovanni Migliano |
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COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI |
PRESIDENTE Alfredo Cuffari |
COMPONENTI Emanuele Bartoletti |
Maria Cristina Billi |
SUPPLENTE Antonio Manieri |
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