(DIRE) Roma, 23 mar. - "Conciliare la medicina e la chirurgia tradizionale con le nuove tecnologie e' la sfida del nuovo umanesimo. Pero', i medici, soprattutto i piu' giovani, devono ricordare che al centro di tutto c'e' sempre la persona umana e quando terminano le terapie inizia la cura". Lo ha detto Mario Ascolese, presidente campano dei medici cattolici nel corso di un convegno dal titolo: "La formazione del medico nell'era digitale", svoltosi oggi all'Universita' di Salerno alla presenza tra, gli altri, di Giuseppe Longo, Attilio Maurano, Antonello Crisci, Vitulia Ivone, Bruno Ravera, Veronica Grippa e Francesco Bellino.
"Bisogna evitare che la tecnologia svilisca quel rapporto empatico medico-paziente fatto di emozioni e sensazioni, fondamentale per il raggiungimento del risultato, della cura e della guarigione. Il rischio e' davvero grande", ha aggiunto Mario Capunzo, direttore del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria della "Scuola Medica Salernitana" dell'ateneo.
Per Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici: "Le nuove tecnologie non vanno demonizzate perche' hanno dalla loro parte una nuova spinta per tutta la medicina, sul versante dello studio dei tumori, delle diagnosi precoci, prenatali e di tantissimi altri settori. L'importante e' non offuschino il rapporto medico-malattia. Siamo in una Universita' di tradizione ippocratica e questa e' la culla nella quale si e' coltivata l'umanizzazione della medicina. Non bisogna affidare i pazienti solo alla tecnologia ma bisogna che gli ammalati siano accompagnati e curati".
Sulla "pastorale sanitaria e medical humanity" si e' soffermato don Massimo Angelelli, direttore dell'Ufficio nazionale della Pastorale sanitaria della Cei, ponendo l'accento sull'importanza dell'interdisciplinarieta' per la cura della salute e sulla figura del cappellano presente nelle strutture sanitarie: "Occorre avere rispetto del credo del paziente: la cura della malattia e dell'ammalato devono procedere di pari passo".
(Wel/ Dire)