(DIRE) Roma, 15 mag. - Tre giorni di confronto tra professionisti di tutto il Paese. Il 32esimo Congresso nazionale della Sigot, la Societa' Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio presieduta da Filippo Fimognari, si e' recentemente concluso a Roma facendo registrare una partecipazione di piu' di 700 professionisti.
Presieduto da Lorenzo Palleschi, direttore della Geriatria dell'Ospedale S. Giovanni-Addolorata di Roma e da Francesco Vetta, direttore della Cardiologia dell'Ospedale Israelitico di Roma, il Congresso ha visto quale filo conduttore dei lavori "l'instabilita' clinica del paziente geriatrico".
Aritmie, malattie valvolari cardiache, insufficienza respiratoria acuta e polmonite, anemia, scompenso cardiaco, demenza e confusione mentale, gestione ospedaliera dell'anziano fragile in emergenza-urgenza, valutazione multidimensionale geriatrica e nuovi modelli di gestione infermieristica, sono solo alcuni dei temi dibattuti nel Congresso, sia in plenaria che in corsi paralleli dedicati. "In geriatria, e' tempo di andare oltre la semplicistica contrapposizione tra acuzie e cronicita'- affermano Vetta e Palleschi- sostituendola con il concetto di instabilita' clinica, una caratteristica che attraversa tutte le fasi delle malattie geriatriche. Esiste una continuita' clinica che parte dalle malattia croniche, passa per la vulnerabilita' a fattori stressanti (fragilita'), e si conclude con il rischio di frequenti e repentini deterioramenti clinici, che mettono a rischio la vita del paziente e che spesso possono essere affrontati solo in ospedali attrezzati. L'instabilita' clinica e' connaturata con la fragilita' e rappresenta una sfida continua in tutti i contesti assistenziali, da quello territoriale a quello, imprescindibile, dell'ospedale, di cui SIGOT intende ribadire la centralita' all' interno della rete assistenziale".
"Lo svolgimento dei lavori congressuali- continua il presidente Sigot Fimognari- ha evidenziato la necessita' di rilanciare con forza il ruolo dei reparti di geriatria per acuti degli ospedali, in rapporto di stretta continuita' e comunicazione con l'assistenza territoriale, il cui potenziamento e' allo stesso modo improcrastinabile. L'allungamento della vita e il miglioramento delle cure sono grandi conquiste delle societa' moderne, in particolare del nostro Paese. Esse tuttavia ci hanno consegnato un nuovo tipo di paziente anziano complesso e fragile, l''hospital-dependent patient' degli autori d'oltreoceano. Un paziente che, al netto di un'ottimale assistenza extraospedaliera, inevitabilmente andra' incontro a episodi di riacutizzazioni che spesso possono essere curate solo in ospedale. Se vogliamo, con onesta' intellettuale e progettuale, consegnare al passato le indegne cronache quotidiane di anziani che, in condizioni di vera emergenza-urgenza, aspettano per giorni un letto ospedaliero in barelle di Pronto soccorso, non possiamo limitarci a invocare un potenziamento delle cure extraospedaliere. Dobbiamo anche mettere subito mano a una profonda riorganizzazione degli ospedali, per accogliere degnamente i pazienti piu' anziani e fragili, per i quali la geriatria si batte da sempre".
(Wel/Dire)