(DIRE) Roma, 22 gen. - Servono almeno 5 miliardi l'anno per l'innovazione. E il terzo laboratorio Fiaso sulla governance propone per questo un Fondo straordinario del Ssn, aggiuntivo al Fondo sanitario e che duri 5-10 anni. Poi va abbandonato il principio dell' "uomo solo al comando" per le aziende sanitarie e al direttore generale vanno affiancate strutture di condivisione e collegialita', dal board fino al consiglio di amministrazione.
Ancora secondo Fiaso e' necessaria una selezione del top management aziendale in funzione della mission e della tipologia di azienda da dirigere. E anche un investimento nel middle management per consentire la crescita dei quadri esistenti ma anche per coltivare il vivaio dei futuri top manager. Sono le quattro mosse che la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere propone per rifare il tagliando al Servizio sanitario a quasi 40 anni dalla sua legge costitutiva, la "833" del '78 e oltre 25 anni dal Dlgs "502" che ha introdotto le Aziende nel sistema.
Secondo Fiaso le aziende non sono piu' quelle degli anni '80 e '90, non solo per le loro dimensioni, con bacini di utenza ormai da oltre un milione di assistiti e bilanci miliardari. Ma anche per i mutati bisogni di salute e assistenza, a cui sono chiamate a rispondere nell'ambito di quadri strategici regionali che a volte rendono necessario anche il superamento dei perimetri aziendali in un'ottica di collaborazione a partnership.
Per fare il punto sul processo di aziendalizzazione del Ssn, Fiaso ha voluto analizzare la pluralita' di soluzioni adottate sotto il nome di "Azienda", avanzando le sue proposte di rilancio del servizio pubblico attraverso il terzo Laboratorio sulla Governance, che ha ricostruito il percorso logico del cambiamento nel volume "Aziende e management per il futuro del Ssn" presentato oggi alla Camera e curato dal presidente della Federazione, Francesco Ripa di Meana, dal direttore, Nicola Pinelli, dai professori Mario Del Vecchio e Anna Romiti dell'Universita' di Firenze e dal Dg della Asl Rm1, Angelo Tanese.
IL FONDO STRAORDINARIO PER L'INNOVAZIONE "Se il settore sanitario puo' giustamente essere considerato strategico in un Paese ricco di saperi e capacita' produttive come il nostro, allora c'e' bisogno di un grande progetto di sistema, dotato di un Fondo straordinario e pluriennale per l'innovazione, svincolato dalla gestione corrente e aggiuntivo al Fsn annuale. Un fondo da almeno 5 miliardi l'anno per i prossimi 5-10 anni", ha affermato Ripa di Meana.
UN FONDO RIVOLTO A SOSTENERE PROGETTI CHE: - permettano al sistema di fare ricerca continua e di dotarsi delle migliori tecniche e tecnologie innovative, e adeguati sistemi informativi (strategia nazionale HTA); - garantiscano l'implementazione di sistemi informativi finalizzati alla migliore organizzazione e qualita' dell'assistenza e alla piena compliance con la privacy e la protezione dei dati; - rendano meno difficile l'accesso dei pazienti alle tecniche e alle terapie innovative contribuendo a rendere il nostro sistema pienamente efficace; - permettano di valorizzare il personale del SSN quale risorsa imprescindibile per garantire qualita' e sostenibilita' attraverso l'innovazione clinico assistenziale ma anche gestionale; - definiscano nuove opportunita' di inserimento per i neo laureati (medici e delle altre professioni sanitarie) in posizioni collegate all'attivazione di nuovi servizi e competenze come quelle di gestione integrata del paziente che potranno diventare il motore del futuro del sistema.
AZIENDE APERTE ALLA COLLEGIALITÀ E ALLA COOPERAZIONE "Le riforme attuate dai Ssr negli ultimi anni - afferma ancora Ripa di Meana- rafforzano logiche di governance di gruppo regionale e richiedono un quadro programmatorio definito in cui inserire il percorso di sviluppo del Ssr e le mission assegnate alle aziende. In un contesto ad alta complessita' e strutturalmente ad elevato grado di decentramento, occorre trovare soluzioni per favorire una maggiore collegialita' e trasparenza del processo decisionale del top management e definire, per i diversi ambiti di azione -regionale, ente intermedio, azienda, management- poteri e responsabilita' da contemperare secondo i bisogni di accountability, efficienza e autonomia nell'attivita' di governo e in quella operativa".
"Con aziende di sempre piu' vasta dimensione se non si vuole risucchiare il Dg nel campo della politica o renderlo un semplice esecutore di scelte operate al di fuori delle sue competenze - aggiunge - occorrera' colmare la distanza che oggi separa il momento della decisione da quello dell'operativita' attraverso strutture di condivisione e collegialita', dal board al consiglio di amministrazione. Luoghi per rappresentare meglio la complessita' dei bisogni di salute e assistenza attraverso la partecipazione di figure professionali e dello stesso general management aziendale, che condividono con il Dg il compito di come far diventare operative le decisioni".
Ma un Dg "sottratto ai costi della politica e adeguatamente supportato nella sfida della complessita' della nuova organizzazione sanitaria - dice Nicola Pinelli - richiede un passo avanti rispetto a quello pur positivo compiuto con la costituzione dell'Albo dei manager". "La Regione -spiega- non puo' accontentarsi dell'Albo ma deve spostarsi sul terreno piu' operativo ponendo al primo posto la questione dell'uomo giusto al posto giusto, definendo profili professionali per tipologia azienda/mission nel rispetto della biodiversita' del sistema e percorsi formativi relativamente adeguati".
"Non e' questa l'epoca di direttori generali 'sceriffi' o 'tecnocrati', che esercitano il proprio ruolo in modo autoritario o secondo una razionalita' tecnica, priva della capacita' di dialogo e di cooperazione con i diversi stakeholder interni e esterni all'azienda", aggiunge Angelo Tanese.
"La riduzione degli spazi di autonomia vissuta dalle aziende ha portato spesso i direttori generali a sottolineare piu' il lato negativo che positivo di questo neo-centralismo regionale e nazionale, e a porre quindi piu' attenzione su cio' che le aziende sanitarie hanno perso rispetto a quello che il sistema nel suo complesso ha guadagnato, che e' invece la possibilita' di inserire le scelte aziendali all'interno di un quadro di coerenza programmatica e di condivisione di obiettivi piu' forte e piu' ampio. Non e' infatti possibile, per aziende cosi' grandi e complesse come le aziende sanitarie, pensare ad un management locale che agisca al di fuori di una visione complessiva, senza una forte integrazione con le altre aziende e enti del sistema sanitario regionale".
"Per un'azienda sanitaria - spiega Tanese - operare su un territorio doppio o triplo rispetto alle precedenti aziende non significa fare le stesse cose per un bacino di utenza piu' ampio, ma riorganizzare l'intera rete di offerta per rispondere in modo piu' appropriato ai bisogni di salute".
PER QUESTO IL LABORATORIO FIASO PUNTA ANCHE SULLA COOPERAZIONE TRA AZIENDE.
Fermo restando che "le fusioni aziendali - secondo Del Vecchio e Romiti - non sono la sola risposta possibile al bisogno di razionalizzazione operativa e di efficienza economica dei sistemi regionali. Soluzioni alternative possono essere forme di collaborazione e coordinamento tra Aziende pur separate". Una razionalizzazione delle reti di offerta " spesso ostacolata dalle pressioni delle comunita' locali e dei professionisti, oltre che da rigidita' burocratiche", ammettono. Che poi invitano alla "selezione di manager caratterizzati da profili cooperativi rispetto a quelli competitivi", affermando che "i sistemi e le aziende possono e devono favorire i processi di collaborazione e coordinamento tra i professionisti: i primi attraverso un' azione di sostegno alla formazione e al funzionamento delle reti cliniche, coinvolgendo anche le comunita' professionali di riferimento; le seconde stimolando i professionisti alla collaborazione con i colleghi delle aziende vicine e alla partecipazione al funzionamento delle reti".
INVESTIRE NEL MIDDLE MANAGEMENT Quarta, ma non ultima per importanza, la proposta di investire nel middle management. Ruoli come quelli di capi dipartimento, direttori di distretto e presidio ospedaliero. Ma - come suggerisce Tanese - a seconda delle dimensioni aziendali anche quelli di direttore delle risorse umane, di farmacia, dell'ufficio tecnico o di acquisizione di beni e servizi, "che gestiscono budget di decine se non centinaia di milioni. Troppi per essere considerati poi figure tecniche preposte alla sola gestione, senza responsabilita' nella direzione aziendale".
E' su queste figure che Fiaso sollecita a investire nei prossini anni, per garantire, da un lato, una crescita dei quadri esistenti e di quelli piu' giovani che entrano ora nel mondo della dirigenza vista l'accelerazione dei pensionamenti che il blocco del turn over ha imposto e, dall'altro, far crescere un vivaio di dirigenti dal quale attingere per le posizioni di top management nelle prossime edizioni dell'Albo dei Dg.
(Wel/ Dire)