(DIRE) Roma, 15 gen. - "Il percorso di ricerca e sviluppo di un nuovo farmaco e' un'impresa lunga, costosa e soggetta potenzialmente a un rischio molto elevato di fallimento. Tuttavia, negli obiettivi che pongono delle sfide importanti e negli inevitabili incidenti di percorso, la ricerca coglie quasi sempre nuovi stimoli per rivedere criticamente i propri modelli e individuare strategie piu' mirate ed efficaci. È per questa ragione che mi sento di affermare che la recente rinuncia di una nota multinazionale farmaceutica a proseguire la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci per le malattie di Alzheimer e Parkinson non deve allarmare ne' far cessare la speranza di una terapia". Lo scrive il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco, Mario Melazzini, nel suo editoriale appena pubblicato sul portale di Aifa.
"Sappiamo che il numero dei pazienti con demenza di Alzheimer e' destinato a crescere nei prossimi anni- prosegue Melazzini- gli attuali 47 milioni di pazienti nel mondo potrebbero diventare 76 milioni nel 2030 e 135 milioni nel 2050. Considerata l'incidenza crescente delle malattie neurodegenerative in tutto il mondo occidentale, lo studio di nuove e piu' efficaci terapie e' e sara' una delle principali priorita' di salute a livello globale. Gli studi sono oggi sempre piu' orientati alla condivisione dei dati della ricerca e a modelli collaborativi, come consorzi e partnership pubblico-privato, volti a valorizzare la sinergia tra le competenze, le risorse e i diversi interessi degli attori in gioco".
A fronte di alcune rinunce legate a legittime scelte di business, quindi, secondo il dg di Aifa la ricerca dedicata alla demenza di Alzheimer "prosegue. Gli studi clinici condotti a livello mondiale sono 190 e coinvolgono circa 100 principi attivi. Di tali sperimentazioni 47 sono nelle ultime fasi di sviluppo (fase III e IV). Gli studi riguardano varie popolazioni target e diversi meccanismi d'azione: la cascata dell'amiloide e' il target dominante, seguita dalla proteina tau, ma su anche altri bersagli. La ricerca e l'identificazione di biomarcatori specifici e' e sara' sempre piu' determinante. Per quanto riguarda l'Italia, sono attualmente in corso 71 studi clinici dedicati alla demenza di Alzheimer, di cui oltre 40 in fase avanzata (fase III o IV)".
Aggiunge quindi Melazzini: "Abbiamo quindi, da una parte, l'arrivo di molecole gia' in fase avanzata di sperimentazione clinica che rallentano l'evoluzione della malattia e saranno efficaci soprattutto nella sua fase iniziale; dall'altra l'individuazione di biomarcatori che consentono di intercettare i pazienti nella fase prodromica della patologia in modo da poter utilizzare in modo efficace e mirato i nuovi farmaci quando saranno disponibili. Su quest'ultimo fronte, l'Italia ha avviato un progetto unico, molto ambizioso, denominato 'Interceptor', finanziato con 4 milioni di euro dal ministero della Salute, da cui ci attendiamo preziose ricadute cliniche e regolatorie. Oltre a un beneficio diretto per i pazienti, che potranno avere tempestivo accesso alle terapie appropriate, i dati forniti dallo studio consentiranno una programmazione piu' efficiente e sostenibile degli interventi sanitari". Potremmo infine assistere nei prossimi 5 anni all'arrivo sul mercato di molecole "capaci di modificare il naturale decorso della malattia", conclude.
(Wel/Dire)