(DIRE) Roma, 8 feb. - In Italia vivono oltre 3 milioni di malati di tumore, il 5% dell'intera popolazione. E sono 369mila i nuovi casi di cancro stimati nel 2017 (192mila fra i maschi, 177mila fra le femmine), ma ogni anno cresce la sopravvivenza a 5 anni che oggi riguarda il 60% dei pazienti. Rimangono pero' notevoli disparita' di trattamento dovute alle diverse gestioni all'interno delle singole Regioni, che determinano tempi e qualita' delle prestazioni profondamenti diversi, penalizzando quasi un milione di cittadini.
Per questo Salute Donna Onlus e altre 17 associazioni di pazienti oncologici e onco-ematologici hanno dato vita a 'La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere', un vero e proprio programma politico articolato in 15 punti, che delinea alcune modalita' per ottimizzare la presa in carico e garantire la massima efficacia della cura alla persona. Divenuto interlocutore di riferimento a livello politico-istituzionale, grazie al varo di un accordo di legislatura 2018-2023, il programma e' stato rilanciato a Roma nel corso di un incontro organizzato dalle associazioni all'Accademia nazionale di San Luca.
"La marcata differenziazione di qualita' dell'assistenza sanitaria tra le Regioni- hanno denunciato le associazioni- riguarda sia le aree ad alta attivita', dove sono attivate cure non necessarie, sia quelle a bassa attivita', con Lazio, Campania e Calabria ai primi posti, da dove le persone malate (e spesso anche le loro famiglie) sono costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate. Inoltre l'accesso alle cure e' ritardato da lungaggini burocratiche: dopo l'approvazione dell'Agenzia europea dei medicinali passa almeno un anno per il riconoscimento nazionale e un tempo ulteriore, diverso da Regione a Regione, per mettere a disposizione dei pazienti le terapie innovative".
All'attenzione dei politici che hanno partecipato al confronto, in particolare, sono state sottoposte quattro tematiche, tra loro interconnesse, che racchiudono idealmente tutti i punti dell'accordo. "Migliorare la vita di milioni di persone che lottano contro il cancro- ha sottolineato Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna Onlus- e' la ragione d'esistere delle nostre associazioni e l'obiettivo della nostra iniziativa. Chiediamo dunque a tutti i politici che daranno vita alla prossima legislatura l'impegno a riportare al centro delle politiche sanitarie e delle programmazioni istituzionali i bisogni insoddisfatti dei pazienti oncologici e delle loro famiglie".
Il fenomeno della mobilita' passiva, intanto, ha una voce di spesa di oltre 4,3 miliardi di euro che incide negativamente sulla sostenibilita' del sistema salute e, piu' specificamente, sulla consistenza del Fondo sanitario nazionale. "Sulle questioni di importanza fondamentale, come quelle che riguardano la cura dei pazienti oncologici- ha sottolineato Adele Leone, presidente Acto Bari (Alleanza Contro il Tumore Ovarico)- non devono esserci divergenze regionali cosi' impressionanti come purtroppo ci sono oggi: il primo, fondamentale passo per livellare le diseguaglianze e limitare la mobilita' passiva e' l'applicazione dei Pdta (Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali) in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, cosi' come auspicato dall'accordo".
E se il Fondo scende sotto il livello di guardia del 6,5% del Pil fissato dall'Oms (come si prevede nel prossimo triennio), la regolare erogazione dei Livelli essenziali di assistenza, insieme alla disponibilita' delle terapie innovative ad alto costo, rischiano di essere a rischio. "Le terapie innovative, se da un lato comportano un alto costo- ha rilevato Felice Bombaci, responsabile Gaplmc (Gruppo Ail Pazienti Leucemia Mieloide Cronica)- dall'altro consentono a sempre piu' persone di tornare alla vita produttiva e dunque a generare Pil. Esistono anomalie di gestione che vanno corrette: ad esempio, i fondi derivanti dal payback e dalle negoziazioni Aifa per volumi sul costo di farmaci che sono incamerati dalle Regioni, ma spesso non ritornano al comparto sanitario".
A destare preoccupazione tra le associazioni di pazienti oncologici e onco-ematologici, ancora, il problema della carenza di risorse umane: mancano all'appello circa 47mila professionisti del settore infermieristico (dati Ipasvi) e studi demografici indicano che fra qualche anno ampie fasce di popolazione potrebbero mancare del medico di famiglia. "La carenza di risorse umane- ha detto Isabella Francisetti, presidente Amoc onlus (Associazione Malati Oncologici Colon-Retto)- incide in modo determinante anche nella gestione degli screening, come quello per il tumore del colon retto e, a cascata, sulla vita dei pazienti: il numero limitato di ambulatori di gastroenterologia che eseguono colonscopie, esame necessario per diagnosticare la presenza di eventuali neoplasie, comporta una dilatazione dei tempi delle liste di attesa e quindi una ricaduta negativa sulla prognosi della patologia".
Tale carenza di risorse umane si converte cosi' in carichi di lavoro esasperati per gli operatori sanitari e minore attenzione nell'interazione con il paziente. Una ricerca italiana ha stabilito che dedicare piu' tempo all'ascolto dei pazienti puo' accrescere del 30% l'efficacia di una cura, ma i pazienti sono interrotti in media dopo solo 18 secondi da quando iniziano a parlare. "La disponibilita' all'ascolto e al feedback tra medico e paziente- ha detto Patrizia Burdi, presidente Aiscup (Associazione italiana per lo Studio e la Cura del Paziente Oncologico)- ha un impatto positivo notevole sulla qualita' di vita di entrambi, come attestato ormai da numerosi studi. Una comunicazione empatica non e' un dono di pochi ma una competenza che tutti possono apprendere e che puo' contribuire alla riduzione dei costi dell'assistenza medica: e' tempo che anche in Italia diventi uno specifico insegnamento nelle scuole di medicina".
Ma come intervenire per risalire la china dello squilibrio finanziario, ancora piu' ripida per via dell'aumento sia dell'incidenza della malattia oncologica (circa il 10% in piu' i nuovi casi rispetto al 2010) sia del numero di sopravvissuti (aumentato del 25% negli ultimi 8 anni)? La risposta, pienamente condivisa da tutte le associazioni e dagli specialisti, e' "il potenziamento della prevenzione primaria, cioe' la diffusione di un'attitudine culturale fondata su uno stile di vita sano, che dia valore a un'alimentazione calibrata, a una attivita' fisica moderata ma costante e contrasti il consumo di alcol e sigarette e abitudini ormai consolidate, ma potenzialmente pericolose, come l'eccessiva esposizione al sole", hanno concluso gli esperti.
(Wel/ Dire)