(DIRE) Roma, 12 apr. - Le infezioni correlate all'assistenza (Ica) rappresentano un problema globale che coinvolge fino al 15% di tutti pazienti ospedalizzati nel mondo. In Europa, circa 3,2 milioni di pazienti acquisiscono un'Ica ogni anno e 37mila muoiono come diretta conseguenza di tali infezioni, anche a causa dell'aumento di patogeni Ica-associati multiresistenti ad antibiotici. È noto che la persistente contaminazione delle superfici ospedaliere contribuisce alla trasmissione delle Ica, in quanto l'ambiente ospedaliero rappresenta il serbatoio di patogeni diffusi sia dai pazienti ospedalizzati sia dal personale sanitario.
I metodi finora usati per controllare la contaminazione microbica in ambiente ospedaliero, basati sull'uso di detergenti e disinfettanti chimici, mostrano pero' dei limiti, poiche' non possono prevenire la ricontaminazione, hanno un elevato impatto ambientale e possono inoltre contribuire alla selezione di patogeni resistenti ai disinfettanti stessi, ma anche ad antibiotici, contribuendo potenzialmente ad un ulteriore aumento degli stessi patogeni associati alle infezioni. Sulla base delle acquisizioni legate agli studi sul microbiota umano, il concetto di 'salute' delle superfici ospedaliere e' stato quindi recentemente ripensato considerando che, analogamente al corpo umano, piuttosto che eradicare tutti i microbi (patogeni e non), la sostituzione dei patogeni da parte di microrganismi buoni potrebbe essere piu' efficace nel prevenire le infezioni.
Si e' mosso in questa direzione un sistema 'made in Italy' di pulizia e sanificazione degli ambienti sanitari e ospedalieri che sfrutta i probiotici (Probiotic cleaning hygiene system - Pchs) per 'ripulire' l'ambiente dai batteri nocivi. Il sistema, presentato a Roma al ministero della Salute, e' stato messo a punto da un'azienda italiana (Copma) che ha affidato al Centro ricerche Cias dell'Universita' di Ferrara la valutazione dell'efficacia della strategia.
Dopo diversi studi condotti negli anni passati, la ricerca e' culminata in uno studio multicentrico denominato 'San-Ica' che ha visto il coinvolgimento e la collaborazione di 5 universita' italiane (Universita' di Ferrara, Universita' di Udine, Universita' di Pavia, Universita' Bocconi di Milano e l'Universita' di Messina) e 7 ospedali italiani (Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma, ospedale di Santa Maria del Prato-Feltre di Belluno, ospedale Sant'Antonio Abate Tolmezzo di Udine, Istituto di Cura Citta' di Pavia e Istituto clinico Beato Matteo di Vigevano - Pavia, azienda ospedaliera universitaria ospedali Riuniti-Foggia, Policlinico Universitario G. Martino di Messina).
"I risultati ottenuti mediante un approccio di sanificazione basato su detergenti contenenti spore di batteri probiotici del genere Bacillus- hanno fatto sapere i ricercatori- hanno mostrato che tale sistema e' sicuro per i pazienti ospedalizzati, puo' diminuire in modo stabile i patogeni superficiali fino al 90% in piu' rispetto ai disinfettanti convenzionali, e che non seleziona ceppi resistenti ad antibiotico, ma piuttosto li riduce senza incrementare i costi della sanificazione".
Essendo la riduzione l'obiettivo finale di ogni procedura di sanificazione, lo scopo dello studio e' stato dunque quello di verificare se l'introduzione del sistema Pchs (Probiotic cleaning hygiene system) potesse avere un impatto sull'incidenza delle Ica (Infezioni correlate all'assistenza). A questo scopo e' stato effettuato uno studio multicentrico pre-post di 18 mesi (dal primo gennaio 2016 al 30 giugno 2017) in sei ospedali italiani, in cui sono state valutate simultaneamente ed in continuum: il livello di contaminazione microbica negli ambienti ospedalieri trattati, le resistenze ad antibiotici presenti nel microbiota negli ambienti trattati, e le Ica sviluppate in tutti i pazienti ospedalizzati negli ambienti trattati.
"Grazie ai risultati sperimentali ottenuti a partire dal 2011- ha spiegato il professor Sante Mazzacane, coordinatore della ricerca e direttore del Centro di ricerche Cias dell'Universita' di Ferrara- e' possibile ridurre significativamente e in modo stabile nel tempo la contaminazione patogena delle superfici nosocomiali. La ricerca multicentrica San-Ica, condotta negli anni 2016-2017, ha inoltre permesso di verificare, in tutti gli ospedali trattati con il sistema Pchs, la conseguente forte riduzione delle infezioni correlate all'assistenza". A differenza dei tradizionali sistemi a base di disinfettanti chimici e' quindi possibile conseguire e garantire nel tempo un livello di igiene stabile mediante l'impiego di specifiche tecnologie e prodotti biologici contenenti microrganismi sicuri per la salute umana.
"Va inoltre evidenziato il significativo abbattimento delle antibiotico-resistenze presenti nell'ecosistema microbico ospedaliero- ha aggiunto la dottoressa Elisabetta Caselli del dipartimento di Scienze Mediche dell'Universita' di Ferrara e ricercatrice Cias- e in parallelo la sicurezza dei microrganismi del sistema Pchs: i dati raccolti dal 2011 ad oggi, infatti, hanno evidenziato che tali microrganismi sono sicuri per i pazienti ospedalizzati, sono geneticamente stabili- ha concluso- e non inducono o selezionano farmaco-resistenza nei microrganismi residui".
(Wel/ Dire)