(DIRE) Roma, 30 mar. - I pazienti con l'epatite C potranno 'importare' dall'estero i farmaci anti Hcv destinati alla terapia personale, dietro prescrizione del medico, in deroga alle leggi vigenti. Lo stabilisce una circolare emanata dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, indirizzata il 23 marzo scorso agli Uffici periferici di sanità marittima, aerea e di frontiera, oltre che all'Aifa, alle Regioni, ai Nas e alla Federazione degli ordini dei medici, concernente appunto le istruzioni operative in merito all'applicazione del decreto (del 1997) relativo alle modalità di importazione di specialità medicinali registrate all'estero.
La circolare riguarda diversi farmaci, non solo quelli per l'epatite. L'importazione (ad oggi non prevista) sarà possibile anche nel caso in cui il farmaco sia autorizzato in Italia ma con diverso dosaggio, se il paziente non rientra nelle categorie per cui l'erogazione è prevista dal Ssn o per motivi legati all'eccessivo costo. In questione, i super farmaci (come appunto quelli per l'epatite) e i prodotti di ultima generazione.
Ecco la circolare a firma del ministro Lorenzin: "A seguito delle numerose segnalazioni pervenute, su conforme avviso dell'Agenzia italiana del farmaco, con la presente circolare, a tutela della salute dei pazienti, si intendono fornire a codesti Uffici periferici istruzioni operative relative all'applicazione del d.M. 11 febbraio 1997, il quale ammette, ricorrendone i presupposti, l'importazione di medicinali regolarmente autorizzati in un Paese estero, ma non autorizzati all'immissione in commercio in Italia.
Come noto, secondo i principi generali e le disposizioni vigenti in materia, nessun medicinale può essere commercializzato in Italia senza aver ottenuto un'autorizzazione dell'AIFA o un'autorizzazione a livello comunitario (art. 6 d.lgs. n. 219 del 2006 e s.m.)".
"Eccezionalmente, e in deroga a tale principio, è ammessa l'importazione per il solo uso personale di medicinali regolarmente autorizzati in un Paese estero in due ipotesi specificamente individuate: a) medicinali posti regolarmente in vendita in Paesi esteri, ma non autorizzati all'immissione in commercio sul territorio nazionale, spediti dall'estero su richiesta del medico curante (art. 158, co. 6, d.lgs. 219 del 2006 cit., e d.M. 11 febbraio 1997); b) medicinali registrati in Paesi esteri, che vengono personalmente portati dal viaggiatore al momento dell'ingresso nel territorio nazionale (art. 158, co. 8, d.lgs. 219 del 2006 cit.), purché destinati a uso personale per un trattamento terapeutico non superiore a 30 giorni".
"Nell'ipotesi sub a), la procedura è quella delineata dal citato d.M. 11 febbraio 1997 e in particolare, il medico curante che ritenga opportuno sottoporre un proprio paziente ad un trattamento con un medicinale regolarmente autorizzato in un Paese estero, ma non in Italia, è tenuto a predisporre e a inviare al ministero della salute - Uffici periferici di sanità marittima, aerea e di frontiera e servizi territoriali di assistenza sanitaria al personale navigante e aeronavigante (USMAF-SASN), nonché al corrispondente ufficio doganale ove sono espletate le formalità di importazione, apposita documentazione (nome del medicinale, sua forma farmaceutica; ditta estera produttrice; dichiarazione che il medicinale in questione è regolarmente autorizzato nel paese di provenienza; quantitativo di cui si chiede l'importazione nel territorio nazionale; esigenze che giustificano il ricorso al medicinale non autorizzato in Italia; dichiarazione di utilizzazione del medicinale sotto la propria diretta responsabilità)".
"L'importazione deve essere giustificata da oggettive ragioni di eccezionalità rinvenute nella necessità, in mancanza di una valida alternativa terapeutica, che il medico curante ritenga opportuno sottoporre un proprio paziente al trattamento terapeutico con un medicinale regolarmente autorizzato in un Paese estero. iò premesso, sulla scorta del dato testuale delle previsioni recate dal d.M. 11 febbraio 1997, che giustifica il ricorso al medicinale non autorizzato in Italia, la 'mancanza di una valida alternativa terapeutica' può ricorrere anche: a) quando il medicinale del quale si chiede l'importazione, pur in presenza di analogo medicinale regolarmente autorizzato in Italia, presenti un diverso dosaggio di principio attivo, una diversa via di somministrazione, eccipienti diversi o una diversa formulazione di principi attivi; b) quando l'accesso al medicinale disponibile in Italia non risulti possibile per il paziente, in quanto lo stesso paziente non rientra nei criteri di eleggibilità al trattamento per l'erogazione del medicinale a carico del Servizio sanitario nazionale, ovvero per la sua eccessiva onerosità. Quanto sopra può trovare applicazione solo nel rigoroso rispetto dei criteri posti dal dM 11 febbraio 1997, a partire dall'assunzione di responsabilità da parte del medico curante che ritiene di sottoporre il proprio paziente a quel determinato trattamento terapeutico, fermo restando quanto previsto dall'articolo 5 del citato decreto".
"Per la procedura operativa per l'importazione di medicinali registrati all'estero al fine di garantire un'uniforme applicazione sull'intero territorio nazionale dovrà pertanto farsi esclusivo riferimento modello allegato alla presente, che dovrà essere debitamente compilato in tutte le sue parti a cura del medico curante. Si invitano pertanto codesti Uffici a tener conto delle indicazioni fornite con la presente circolare".
(Wel/ Dire)