(DIRE) Roma, 30 gen. - Che sia una pillola, una polvere da sciogliere in acqua o un'iniezione, non c'è differenza. Se si tratta di antibiotico, una volta su due, non ci aiuterà a stare meglio. Lo dice l'Ocse: il suo ultimo studio evidenzia come nel 50% dei casi l'uso di questa tipologia di farmaci sia inappropriato o inutile. Il dato diventa ancora più allarmante, con picchi del 90% di prescrizioni inadeguate, quando nel mirino degli studiosi ci finiscono i medici di famiglia. Sono loro, i dottori di medicina generale, i professionisti che secondo l'Ocse prescrivono, più spesso, e nel modo più inadeguato, questi particolari medicinali. L'Ocse evidenzia che l'inappropriatezza per la medicina generale va da un minimo del 45% fino a picchi del 90%.
I RISCHI: CURE INEFFICACI E RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI Un abuso, dunque, che fa emergere due diverse problematiche, entrambe da non sottovalutare: da un lato ci sono i malati che prendono medicine non adatte alla propria patologia, dall'altro c'è un'intera popolazione che, negli anni, sta aumentando la resistenza agli antibiotici. Il rischio è serio: per alcune malattie, in futuro, potrebbero non esserci più le cure adeguate di cui disponiamo attualmente. La situazione fotografata dall'OCSE non è omogenea in tutti le branche della Sanità. Ci sono specialisti che sembrano fare un uso più accorto degli antibiotici, ed altri meno.
Ma vediamo nel dettaglio che cosa dice lo studio.
I NUMERI DELLO STUDIO OCSE L'uso più oculato di questa tipologia specifica di medicinali è stato riscontrato tra i servizi di dialisi dove l'inappropriatezza varia tra il 12 e il 37%. A seguire, ci sono i medici dei più piccoli: le prescrizioni dei pediatri risultano inadeguate tra il 4% ma con punte che sfiorano i 47 punti. Va peggio nei reparti di terapia intensiva, dove l'inapproriatezza varia tra il 14% ma può arrivare anche al 60%. Spostandosi da questo reparto verso gli ambulatori, lo stesso rischio aumenta: da un dato minimo del 10% si arriva anche ad indici di inappropriatezza del 70%. Più in generale, negli ospedali si va da un livello minimo del 14% ad un picco del 79. Penultimi nella classifica, prima dei medici di medicina generale, ci sono gli specialisti che lavorano nei luoghi di lungodegenza: si oscilla da un minimo del 21% di prescrizioni inutili ad un massimo del 73. I RIMEDI CONTRO LE PRESCRIZIONI INUTILI Secondo l'Ocse, un consumo di antibiotici più razionale potrà essere ottenuto soltanto con interventi che mirino a modificare il comportamento delle singole persone. Medici e pazienti devono essere educati alla gestione e all'uso appropriato di questi particolari medicinali. Eppure, prima ancora di avviare una campagna di comunicazione, ci sarebbe una soluzione più facile da realizzare e soprattutto immediata. Ecco cosa suggerisce l'Ocse: rendere obbligatorio l'uso di test diagnostici rapidi.
Individuato il bersaglio, per i medici non ci sarebbero dubbi sull'antibiotico adeguato da prescrivere. E chi teme che questi test possono gravare sulla spesa sanitaria, niente paura, il numero di antibiotici prescritti calerebbe al punto tale che il costo di questi esami potrebbe essere del tutto ammortizzato.
(Wel/ Dire)