(DIRE) Roma, 22 dic. - 'È ormai ampiamente acquisito che la malattia non solo danneggia aspetti prettamente biologici e funzionali dell'organismo, ma incide in modo sostanziale sulla vita sociale, emotiva, familiare-relazionale e lavorativa e, talvolta, sul modo in cui si interpreta la vita stessa e si ordinano le proprie priorita' esistenziali'. Cosi' in un comunicato sui dati emersi dalla ricerca 'Anmar we care, la qualita' di cura dal punto di vista del paziente e del suo reumatologo', promossa da Anmar onlus (Assocazione nazionale Malati Reumatici) e realizzata dal centro di ricerca EngageMinds Hub dell'Universita' Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presentato presso il Ministero della Salute.
'In tale ottica tenere in considerazione il punto di vista del paziente e le sue scelte in riferimento alla malattia e ai relativi possibili trattamenti e' divenuto, oggi- prosegue la nota- un aspetto molto importante se non prioritario. D'altro canto l'ingresso nel lessico medico di "qualita' di vita" ha introdotto un aspetto per sua natura soggettivo in un ambiente tradizionalmente volto alla ricerca dell'oggettivita' e da cio' scaturisce la crescente necessita' di documentare in modo circostanziato e su basi piu' rigorose e scientifiche la reale efficacia dei trattamenti, e questo sia per migliorare l'efficacia delle cure stesse sia per determinare un'allocazione delle risorse sanitarie piu' oculata e razionale'.
'Consapevole di questa esigenza di scientificita' e di oggettivita'- continua il comunicato- l'ANMAR ha voluto affidare un'indagine sulla qualita' di cura e di vita all'EngageMinds Hub dell'Universita' Cattolica del Sacro Cuore di Milano che ha elaborato 364 questionari compilati da malati reumatici e 182 questionari redatti da medici reumatologi in modo da indagare non solo il punto di vista del paziente ma anche il percepito del clinico e verificarne cosi' l'allineamento ed eventualmente migliorare le riposte alle attese del malato'.
'Engagement- spiega la Prof.ssa Guendalina Graffigna, dell'Universita' Cattolica del Sacro Cuore di Milano- e' un concetto della medicina partecipativa che vede il paziente alleato con il sistema sanitario e dove la medicina non e' soltanto erogativa verso un paziente passivo visto, invece, come una persona che esercita i suoi diritti ed i suoi doveri di salute. Su questo approccio- continua Graffigna- e' basato il PHE, Patient Health Engagement Model, modello di indagine riconosciuto a livello internazionale e che ci ha permesso di misurare quanto il paziente reumatico riesce ad essere 'copilota' nel suo percorso sanitario e protagonista di tutte le sue scelte a cominciare dalla gestione della sua terapia in termini di aderenza per arrivare ad un'alleanza con il sistema sanitario.
Quello da noi utilizzato e' quindi un modello, il primo, capace di spiegare qual e' l'evoluzione psicologica del percorso di "engagement" ovvero quali sono le chiavi non solo diagnostiche per migliorare il protagonismo delle persone nei loro percorso di cura'.
'Il modello e' ancorato ad una scala che misura i livelli di engagement: uno strumento in grado di dare una valutazione scientifica della "partecipazione in medicina". La ricerca- approfondisce l'esperta- ha dimostrato come tanto piu' e' alto il livello di engagement del paziente con malattia reumatica tanto maggiore e' l'aderenza terapeutica, la qualita' di vita percepita e il benessere psicologico. Inoltre la ricerca ha messo in luce come piu' aumenta l'engagement e piu' e' alta la soddisfazione per l'esperienza sanitaria, per la qualita' dell'assistenza ma anche di vita in generale'.
'Questo report e' uno strumento unico- spiega ancora Graffigna- in quanto oltre a essere un rigoroso lavoro scientifico, e' un bel esempio di "messa allo specchio" delle valutazioni di medici e pazienti in reumatologia rispetto ai criteri di valutazione della qualita' di cura: oggi si parla molto di "medicina basata sul valore"; questa ricerca aiuta il dialogo tra pazienti e medici per definire cosa significa "assistenza sanitaria di qualita' e di valore" in reumatologia'.
'Il report- sottolinea il comunicato- evidenzia che le malattie reumatiche incidono in modo determinante sugli aspetti psicologici del paziente quali depressione per il 93% del campione e ansia per l'84%. Inoltre la quasi totalita' dei pazienti riscontra difficolta' nell'assunzione delle terapie con una maggiore incidenza per coloro che sono affetti da artrite psoriasica rispetto a malati di artrite reumatoide'.
'La soddisfazione invece verso l'assistenza ricevuta e' pari al 60% con riscontro maggiormente positivo da parte dei pazienti affetti da artrite reumatoide rispetto a coloro che sono colpiti da sindrome fibromialgica. Il report ha inoltre indagato- prosegue la nota di ANMAR- la soddisfazione del paziente rispetto alcuni aspetti specifici quali continuita' dell'assistenza e delle cure, accessibilita' e reputazione dei centri di cura, considerazione della persona e efficacia della terapia in base alle aree geografiche di appartenenza, al genere e all'eta' (vedi pagg. 31-61 del report)'.
"Le malattie reumatiche- commenta Silvia Tonolo, Presidente Nazionale ANMAR- non sono ancora percepite dall'opinione pubblica come fortemente invalidanti e un altro pregiudizio le vuole, invece, tipiche di un'eta' matura. Eppure colpiscono anche persone in eta' giovanile e possono essere fortemente invalidanti per tutte le fasce di eta' compromettendo- conclude- come evidenziato dallo studio presentato oggi, anche lo stato psicologico'.
'Il report ANMAR WECARE- analizza la nota- finalmente chiarisce in modo scientifico questo aspetto mettendo inoltre in relazione come la mancata considerazione da parte del reumatologo del paziente nella sua interezza, quindi visto non solo dal punto di vista della sua cartella clinica ma come una persona con una storia da raccontare, incida in modo preponderante sull'aderenza alle cure la cui percentuale e' solo del 40%. Risulta dal report infatti, che nel confronto fra reumatologo e paziente per il medico la parte psicologica e' secondaria, mentre per il malato l'insoddisfazione e' legata proprio all'area che riguarda la relazione e la comunicazione con lo specialista e la presa in carico /comprensione dei propri bisogni psicologici'.
'Abbiamo individuato quindi, grazie a questo studio- annuncia il comunicato- un'area di miglioramento dell'alleanza medico/paziente che potrebbe incidere virtuosamente nei percorsi di cura migliorando sia la vita del paziente che la qualita' del sistema sanitario nella sua interezza".
'I pazienti, secondo il report- approfondisce il comunicato- individuano prioritari rispetto alle proprie esigenze i seguenti aspetti:dare voce alle proprie priorita' ed esigenze rispetto alla gestione della malattia e alla scelta dei trattamenti; essere rispettato e tutelato nei bisogni e desideri di cura; essere accolto e supportato in un percorso di cura e assistenza condiviso e personalizzato; essere reso partecipe di tutte le informazioni relative allo stato di salute e potersi affidare a specialisti competenti, oltre che il poter fruire di farmaci tollerabili e che migliorino il proprio stato di salute senza influire eccessivamente sulla qualita' di vita'.
'La seconda sezione del report- presentata nel comunicato- e' dedicata alla qualita' di cura del paziente dal punto di vista dei reumatologi, i quali hanno dimostrato un atteggiamento intermedio tra un fuoco sugli aspetti organici della malattia e quello inclusivo delle dimensioni psicologiche e di vissuto'.
'Da rilevare che il 54% dei clinici ha dimostrato positivita' rispetto a un approccio partecipativo alla decisione terapeutiche mentre il 67% concepisce il ruolo attivo del paziente nella sua possibilita' di esprimere giudizi e aspettative soggettive verso i percorsi di cura. Il 74 % dei reumatologi poi reputa che i propri pazienti siano soddisfatti a fronte del 60% della soddisfazione generale espressa dai malati. Anche per quello che riguarda le aree di miglioramento prioritarie i punti di vista dei clinici non sembrano coincidere con quella dei pazienti: questi ultimi infatti- riporta la nota- considerano prioritari ad esempio la diagnosi precoce che invece il clinico percepisce come area di forza secondaria, mentre invece l'importanza della trasparenza e dell'accessibilita' data dal paziente e dal suo medico coincidono'.
"L'esperienza di questo progetto condiviso tra reumatologi e pazienti e' un importante esempio di quanto i reumatologi ritengono importante la collaborazione con ANMAR- conclude Il Prof. Mauro Galeazzi, presidente SIR- che nel prossimo anno sara' sempre piu' stretta e vertera' anche sull'approfondimento delle problematiche regionali al fine di garantire la tutela dei diritti dei pazienti e dei medici con l'impegno di migliorare la qualita' di cura rispetto alle problematiche (diagnosi precoce, accesso alle cure, continuita' terapeutica, liberta' prescrittiva ecc.) specifiche di ogni regione".
(Wel/ Dire)