(DIRE) Roma, 19 dic. - La proporzione di parti cesarei primari continua a scendere progressivamente dal 29% del 2010 al 24,5% del 2016 (per la prima volta sotto la soglia del 25%), con differenze importanti all'interno di ogni singola regione e tra le regioni. Si stima che dal 2010 siano circa 58.500 le donne alle quali e' stato risparmiato un taglio cesareo primario, di cui 13.500 nel 2016. È quanto emerge dal Programma nazionale esiti (Pne) 2017 presentato questa mattina a Roma nel corso di una conferenza stampa che si e' svolta nella sede dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Il Programma, sviluppato da Agenas per conto del ministero della Salute, fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia e qualita' delle cure prodotte nell'ambito del servizio sanitario.
L'Organizzazione mondiale della Sanita', intanto, fin dal 1985 afferma che una proporzione di cesarei superiore al 15% non e' giustificata. Il parto con taglio cesareo rispetto al parto vaginale comporta 'maggiori rischi per la donna e per il bambino' e dovrebbe essere effettuato 'solo in presenza di indicazioni specifiche'. Il regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell'assistenza ospedaliera fissa al 25% la quota massima di cesarei primari per le maternita' con piu' di 1000 parti annui e 15% per le maternita' con meno di 1000 parti annui.
Dal Pne emerge ancora che per quanto la probabilita' di parto naturale in donne che hanno avuto un precedente parto chirurgico sia ancora estremamente bassa e in progressivo lento aumento, tale comportamento e' invece piu' frequente in quelle strutture che riportano piu' basse proporzioni di ricorso al cesareo primario: le strutture con piu' alte proporzioni di parto vaginale dopo cesareo, infatti, presentano percentuali ridotte di parti chirurgici, a sottolineare la dimensione prettamente culturale del fenomeno.
FRATTURE COLLO FEMORE, 58% CASI OPERATO ENTRO DUE GIORNI - Migliora la tempestivita' di intervento chirurgico sulle fratture del collo del femore sopra i 65 anni di eta': se nel 2010 solo il 31% dei pazienti veniva operato entro due giorni, nel 2016 la proporzione di interventi tempestivi e' del 58%, con circa 112mila pazienti che dal 2010 hanno beneficiato dell'intervento tempestivo (interventi tempestivi guadagnati), di cui 32mila nell'ultimo anno.
Il Regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell'assistenza ospedaliera, si legge nel Pne, fissa al 60% la proporzione minima per struttura di interventi chirurgici entro 2 giorni su pazienti con frattura del collo del femore di eta' maggiore di 65 anni. Dalle 70 strutture che nel 2010 rientravano in questo standard, si e' passati nel 2016 a 245 strutture ospedaliere che si collocano al di sopra della soglia prevista, di cui 60 con valori in linea con lo standard internazionale (superiore all'80%). Il numero di strutture al di sotto dello standard previsto si e' ridotto: erano 230 nel 2015; sono 195 nel 2016 di cui 40 con proporzioni inferiori al 20%.
Questo progressivo miglioramento a livello nazionale, intanto, non sembra essere avvenuto a discapito dei tempi di attesa per frattura di tibia e perone che si attestano su una mediana di 4 giorni, con valori massimi di 11 giorni. Non si e' ridotto il volume di attivita' per entrambe le tipologie di frattura ed esiste una sostanziale omogeneita' nel numero di interventi a livello regionale, a dimostrare che il riconoscimento della dignita' di urgenza alla frattura del femore non comporta una compromissione dell'assistenza per altre condizioni traumatiche. INFARTO ACUTO MIOCARDIO, CALA MORTALITÀ A 30 GIORNI DA RICOVERO - La mortalita' a 30 giorni dal ricovero per infarto acuto del miocardio continua a diminuire, da 10,4% del 2010 a 8,6% del 2016. A fronte del valore nazionale medio, si osserva una bassa variabilita' interregionale e una discreta variabilita' intra regionale, con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo dello 0% a un massimo del 21%. L'ultimo rapporto dell'Ocse (Health at a Glance 2017), intanto, rileva come la mortalita' per infarto miocardico in Italia sia fra le piu' basse fra i Paesi a economia avanzata.
COLECISTECTOMIA LAPAROSCOPICA, DEGENZA POST OPERATORIA INFERIORE A 3 GIORNI A 72,7% - La proporzione di interventi di colecistectomia laparoscopica con degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni e' passata dal 58,8% del 2010 al 72,7% del 2016. Il regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell'assistenza ospedaliera, intanto, fissa al 70% per struttura la quota minima di colecistectomie con degenza postoperatoria inferiore a 3 giorni. Le strutture che nel 2016 rispondono a questo standard sono il 63%.
TUMORE POLMONE, CALA MORTALITÀ A 30 GIORNI DOPO INTERVENTO - La mortalita' a 30 giorni dopo l'intervento al tumore del polmone diminuisce decisamente fino a circa 50-70 interventi/anno e continua a diminuire lievemente all'aumentare del volume di attivita' fino a stabilizzarsi.
Nel 2016 in Italia, intanto, 142 strutture ospedaliere eseguono piu' di 5 interventi chirurgici per tumore del polmone; tra queste, solo 50 strutture (35%) presentano un volume di attivita' superiore a 70 interventi annui, senza sostanziali variazioni rispetto al 2015. Le strutture con bassi volumi di attivita' effettuano complessivamente il 25% dell'attivita' chirurgica oncologica.
TUMORE MAMMELLA, DIMINUISCE RISCHIO REINTERVENTO A 120 GIORNI - Le linee guida internazionali identificano degli standard di qualita' delle Breast Unit per il tumore della mammella e in particolare per quanto riguarda gli interventi chirurgici, la soglia minima individuata e' di 150 interventi chirurgici annui, soglia che e' stata definita anche nel regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell'assistenza ospedaliera. In Italia si osserva un'associazione tra volume di attivita' e reintervento a 120 giorni. In particolare, il rischio di reintervento a 120 giorni diminuisce fino a circa 150 interventi/anno, volume identificato come punto di svolta, e continua a diminuire all'aumentare del volume di attivita'.
Nel 2016, delle 424 strutture ospedaliere che eseguono piu' di 10 interventi chirurgici per il tumore della mammella, 140 (33%) presentano volumi di attivita' in linea con lo standard, di contro al 27% dell'anno precedente. Se analizziamo il dato per Unita' Operativa di dimissione, la proporzione si riduce di molto: nel 2016 dei 521 reparti che effettuano piu' di 10 interventi/anno, 130 (25%) eseguono almeno 150 interventi.
Nonostante nel 2015, la proporzione era del 21%, nell'ultimo anno di valutazione ancora 3 unita' operative su 4 non rispettano lo standard atteso, effettuando il 35% degli interventi complessivi su base nazionale. In merito alle Regioni, dal Pne 2017 emerge in particolare che nel 2016 mentre l'86,4% delle donne residenti in Puglia con tumore maligno della mammella ha eseguito l'intervento chirurgico nella propria regione, il 46% delle donne calabresi con carcinoma della mammella si e' rivolta a strutture di altre regioni.
TUMORE STOMACO, 379 OSPEDALI HANNO ESEGUITO PIÙ DI 3 INTERVENTI - Nel 2016 379 strutture ospedaliere hanno eseguito piu' di 3 interventi chirurgici per tumore dello stomaco; tra queste 94 (25%) presentano un volume di attivita' non inferiore a 20 interventi annui. La proporzione resta sostanzialmente invariata rispetto all'anno precedente.
Se si analizza il dato per Unita' operativa di dimissione, invece, la proporzione si riduce di molto: nel 2016 sono state 468 le unita' operative con piu' di 3 interventi chirurgici; tra queste, solo 80 effettuano almeno 20 interventi/anno (17%), coprendo il 60% degli interventi complessivi su base nazionale. 97 STRUTTURE CON MENO DI 500 PARTI L'ANNO - Escludendo le strutture con meno di 10 parti annui, nel 2016 in Italia le strutture ospedaliere con meno di 500 parti annui sono 97 (21%), effettuando complessivamente solo il 5,7% dei parti totali; nel 2015 erano 118 (24%).
OLTRE 50% OVER 65 HA PATOLOGIA A CARICO APPARATO MUSCOLOSCHELETRICO - Oltre il 50% dei soggetti di eta' superiore a 65 anni presenta una patologia a carico dell'apparato muscoloscheletrico con un alto potenziale di disabilita'. Il volume di interventi di artroprotesi eseguiti in Italia e' in continuo aumento, rappresentando un fenomeno importante in termini di sicurezza dei pazienti e in termini di impatto sulla spesa sanitaria. Nel 2016, in particolare, 749 strutture ospedaliere eseguono interventi di protesi di ginocchio; tra queste, solo 243 strutture (32%) presentano un volume di attivita' = 100 interventi annui, coprendo il 76% delle artoplastiche totali.
Il Pne documenta quindi un rischio medio nazionale di riammissioni a 30 giorni dopo artoplastica al ginocchio di 1,36% e una discreta variabilita' tra strutture ospedaliere. In Italia si osserva un'associazione tra volume di attivita' e riammissione entro 30 giorni. Nello specifico, la proporzione di riammissioni diminuisce fino a 100 interventi/anno e continua a diminuire lievemente all'aumentare del volume di attivita' fino a stabilizzarsi. Quanto agli interventi di protesi di anca, nel 2016 783 strutture ospedaliere li hanno eseguito; tra queste, solo 385 strutture (49%) presentano un volume di attivita' = 100 interventi annui, coprendo pero' l'82% delle artoplastiche totali. Il Pne documenta ancora un rischio medio nazionale di riammissione a 30 giorni dopo intervento di protesi di anca di 3,7% e si osserva una associazione tra la proporzione di riammissioni e revisioni dell'intervento e il volume delle strutture ospedaliere italiane.
In merito poi agli interventi di protesi di spalla, rispetto alle strutture con bassi volumi (che nel 2016 effettuano il 28% delle artoplastiche), quelle con volumi di attivita' annuali =15 sono caratterizzate, sulla base di un recente studio, da una probabilita' significativamente piu' bassa di durata della degenza ospedaliera, di fratture successive, di ricorso a trasfusioni di sangue e di necessita' di revisione dell'intervento. Nel 2016 596 strutture ospedaliere eseguono interventi di protesi di spalla; tra queste, solo 165 strutture (28%) presentano un volume di attivita' = 15 interventi annui.
BPCO, TASSO OSPEDALIZZAZIONE SCESO A 1,9%. ERA 2,5% NEL 2010 - Il tasso di ospedalizzazione per broncopneumopatia cronica ostruttiva si e' ridotto progressivamente dal 2,5% nel 2010 al 1,9% nel 2016. Si stima che nel 2016 siano piu' di 24mila i pazienti a cui e' stata risparmiata un'ospedalizzazione potenzialmente evitabile. A fronte di un valore nazionale medio del 1,9ë nel 2016, si osserva una discreta variabilita' intra e interregionale, che, tuttavia assume dimensioni sempre piu' ridotte nel tempo.
TONSILLECTOMIA, TASSO OSPEDALIZZAZIONE IN LIEVE CALO - Il tasso di ospedalizzazione per intervento di tonsillectomia e' diminuito leggermente nel tempo, passando dal 2,85% del 2010 al 2,15% nel 2016, corrispondente ad una riduzione di circa 6.400 interventi ad alto rischio di inappropriatezza solo nell'ultimo anno (popolazione <18).
(Wel/Dire)