(DIRE) Roma, 6 apr. - Sembrerebbe in dirittura d'arrivo un documento sulla rete di Medicina Trasfusionale, elaborato da un apposito tavolo tecnico che traccerebbe nuove linee guida per ulteriori requisiti minimi a integrazione dell DM 70/15, per il riconoscimento dello status di unità operativa complessa.
Il DM 70/15 prevede, per le strutture senza posti letto come gran parte dei centri trasfusionali, che le stesse assumano valenza di unità complessa, "sulla base delle prestazioni attese e sulla necessità della presenza di tali discipline nei Dea di I livello nell'ambito di un bacino di utenza compreso tra 150mila e 300mila abitanti"; in particolare "le regioni dovranno utilizzare i bacini minimi in presenza di territori a bassa densità abitativa e quelli massimi in caso opposto".
"Appare quindi del tutto evidente- spiega in una nota il vicepresidente vicario Cimo, Guido Quici- che la volontà del legislatore è stata quella di assicurare, entro un bacino di utenza ben definito, la presenza di un servizio con caratteristiche di complessità tenendo conto anche della densità abitativa sempre entro i limiti abitativi previsti. Ciò nonostante il tavolo tecnico pare voglia introdurre ulteriori standard, perseguendo quello sport che in tanti altri perseguono da qualche tempo, che è rappresentato dal 'taglio triplo'".
Più volte Cimo ha evidenziato che "dopo 10 anni di continui tagli nella sanità- prosegue Quici- l'alibi dell'appropriatezza e della razionalizzazione non regge più, per cui appare del tutto incomprensibile che il tavolo tecnico proponga nuovi standard che, di fatto, riducono al minimo il numero di unità complesse trasfusionali con evidenti risvolti negativi, sia riguardo l'offerta sanitaria che la gratificazione e valorizzazione dei professionisti".
Secondo il vicepresidente vicario di Cimo, si ha addirittura la percezione che "il possesso di almeno 3 requisiti standard aggiuntivi, assomigli al confezionamento di un 'abito su misura' per pochi, escludendo gran parte delle attuali unità complesse trasfusionali come ad esempio, quelle strutture che lavorano grandi numeri di unità di sangue in raccolta diretta o quelle che erogano importanti prestazioni clinico/diagnostiche ma non raggiungono ulteriori requisiti".
Se poi i criteri per la nomina dei direttori dei Centri regionali sangue non prevedono alcuna forma di selezione ma solo la nomina diretta, allora "si corre il rischio di concentrare su pochi la responsabilità gestionale di reti e strutture particolarmente complesse- aggiunge Quici- ovviamente sempre nella ben augurata ipotesi che la nomina 'fiduciaria' avvenga su base meritoria e non 'clientelare'".
Cimo quindi chiede che, nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni, si esami "il documento sulla rete trasfusionale con attenzione particolare, evitando di assumere decisioni che potrebbero comportare un ulteriore abbassamento dei livelli di assistenza. Assicura, pertanto, con la collaborazione dei propri esperti del settore trasfusionale, la massima vigilanza a tutela del personale interessato", conclude.
(Wel/ Dire)