(DIRE) Roma, 31 ott. - Trattare la malattia di Dupuytren, condizione che porta alla flessione progressiva di una o più dita con conseguente limitazione completa o parziale dell'estensione della mano, con trattamenti mininvasivi come la collagenasi di Clostridium histolyticum (Cch), allontana il rischio di recidive. A parlarne il dottor Nicola Felici, responsabile dell'Uo di chirurgia ricostruttiva degli arti dell'Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, in relazione ai dati ottenuti da un'analisi di follow-up condotta su 100 pazienti, trattati nel suo centro, a 3 anni dalla somministrazione della terapia. In dettaglio, i risultati hanno mostrato che nelle articolazioni metacarpo-falangee trattate con collagenasi, la percentuale di recidiva è pari al 5%. A renderlo noto è stato lo stesso dottor Felici in occasione del Congresso annuale della Società Italiana di Chirurgia della Mano (Sicm) svoltosi a Palermo.
La malattia di Dupuytren, che colpisce soprattutto gli uomini dai 40 ai 60 anni, si manifesta con dei noduli sottocutanei nella fascia palmare ed evolve progressivamente con la comparsa di un cordone fibroso al di sopra dei tendini. La collagenasi di Clostridium histolyticum è un enzima che, somministrato in ospedale dallo specialista, mediante iniezione nella zona interessata, permette di rompere il cordone fibroso, ripristinando la normale funzionalità della mano in tempi brevi.
Precedentemente, le soluzioni disponibili erano l'intervento chirurgico in aperto e la cordotomia percutanea ad ago, una tecnica mininvasiva che utilizza un ago (simile a quello delle flebo) per spezzare in modo meccanico il cordone di collagene.
"Abbiamo confrontato i pazienti trattati con collagenasi e con cordotomia percutanea ad ago- spiega il dottor Felici- il risultato mostra che, a distanza di tre anni, la percentuale di recidive è di gran lunga inferiore nei casi che sono stati sottoposti a terapia con collagenasi. L'altra tecnica mini-invasiva ha mostrato di portare tendenzialmente a percentuali di recidiva più alte in entrambe le articolazioni, metacarpo-falangee e interfalangee prossimali. Si tratta di una patologia recidivante, non nel 100% dei casi, ma in un'altissima percentuale dei pazienti. In tal senso, un ulteriore vantaggio che porta la terapia farmacologica è poter trattare nuovamente chi presenta delle recidive dopo un primo intervento per via chirurgica". Presso l'ospedale San Camillo Forlanini di Roma, Centro di riferimento della Regione Lazio per il trattamento di questa patologia con collagenasi, ad oggi, sono stati trattati circa 200 casi. Prima che il farmaco entrasse in commercio in Italia nel 2013, la terapia è arrivata presso il polo ospedaliero romano con il programma di uso compassionevole al quale, nella primavera del 2012, hanno aderito altri centri italiani.
"L'iter è semplice- spiega- Quando il paziente si presenta in ospedale, innanzitutto, si cerca di capire se è necessario intervenire. Alcuni arrivano in stadi iniziali, dove non c'è retrazione delle dita, perciò si procede esclusivamente con controlli e follow-up. In caso contrario- secondo quanto prevede la procedura riportata nel consenso informato al trattamento- si presentano le opzioni di trattamento disponibili: intervento chirurgico, cordotomia percutanea ad ago e collagenasi, spiegando vantaggi e svantaggi di ciascuna. Il gradimento dei pazienti, tuttavia, va quasi sempre nei confronti della collagenasi. Basti pensare che quest'anno abbiamo trattato 125 pazienti per malattia di Dupuytren, di cui 80 con collagenasi, 44 con cordotomia percutanea ad ago e solo 1 con la chirurgia in aperto". La malattia di Dupuytren è considerata poco diffusa; tuttavia, anche se non sono disponibili dati certi sul numero complessivo degli italiani che ne soffrono, i numeri sembrerebbero molto più elevati di quanto si pensi. "Prima dell'avvento di questo trattamento, visitavo circa 40/50 casi di Dupuytren, tutti piuttosto gravi- racconta ancora l'esperto- Con la disponibilità della terapia non chirurgica, il numero di visite è passato da 50 a 250 visite. Questo perché, anche chi è colpito dalla malattia nel suo stadio iniziale, decide di recarsi in ospedale per un controllo, consapevole che, in caso sia necessario intervenire, potrebbe essere per via mininvasiva. Ciò rappresenta anche un grande vantaggio per noi medici, che abbiamo la possibilità di trattare casi meno gravi: prima vedevamo solo situazioni in cui il malato non era praticamente più in grado di aprire la mano". Il trattamento con collagenasi, infine, ha permesso di decongestionare le sale operatorie dei reparti di chirurgia della mano, abbattendo da un lato i costi e dall'altro le liste d'attesa. Un ridimensionamento, quindi, della spesa ospedaliera e socio-economica. "Il trattamento si esegue in ambulatorio, la mano non viene quasi mai immobilizzata e, nella maggior parte dei casi, non è necessaria la riabilitazione. Ciò significa non doversi assentare dal lavoro e continuare a svolgere le proprie attività, anche domestiche, senza problemi. Solo nei casi più avanzati è previsto il ricorso a tutori dopo l'iniezione dell'enzima", conclude Felici.
(Wel/ Dire)