(DIRE) Roma, 24 nov. - La terapia del dolore? Un problema culturale, tra scarsa attitudine a parlarne e propensione all'espiazione. Ma la ricetta per risolvere la questione è una sola: "Bisogna puntare sulla formazione a tutto campo dei medici". Ne è convinto Alfredo Cuffari, medico di famiglia, componente della commissione Terapia del dolore dell'Omceo di Roma e presidente della sezione romana della Snamid, la Società di aggiornamento per il medico di Medicina generale che nei giorni scorsi ha tenuto il suo congresso nazionale proprio nella Capitale.
I medici di medicina generale, spiega all'agenzia Dire, sono "i primi a non potere usufruire di una sufficiente preparazione in materia, ma esistono anche casi di specialisti che manifestano carenze". A farne le spese sono ovviamente i pazienti, ai quali non passano le giuste informazioni su come affrontare la cronicità del dolore. Per questo Cuffari indica la linea di partenza nel percorso di studi. "Io vedo un problema: della terapia del dolore si e' parlato poco in passato e se ne continua a parlare poco anche oggi che il fattore cronico fa sempre più parte della quotidianità dei cittadini a causa della crescita delle aspettative di vita". Soprattutto, se ne parla poco fin dagli esordi della professione medica. "Questo problema va affrontato attribuendogli dignità già durante gli studi, e qualcosa in questo senso comincia a muoversi".
Insomma, va bene "intervenire a valle sui professionisti gia' attivi. Ma non dobbiamo dimenticarci di agire a monte, introducendo in modo specifico all'università elementi di terapia del dolore, non trattando il tema soltando marginalmente come avviene adesso quando ad esempio si parla di farmaci".
Il secondo step è diffondere cultura e informazioni. "Le stesse aziende sanitarie lavorano poco sul far conoscere il sistema e le strutture che esistono e funzionano anche bene grazie, va sottolineato, al supporto di associazioni storiche di volontariato. Manca- spiega Cuffari- una messa in rete delle informazioni, delle procedure e dell'avvio di determinati percorsi". In questo senso l'opera della Snamid "puo' far cultura, ma certo la Regione ha le sue responsabilita' nella promozione delle necessarie procedure". Proprio la Snamid "ha lavorato molto sul tema del dolore cronico e nella divulgazione dei contenuti della legge 38". Ma il circolo vizioso si chiude ancora una volta con l'aspetto culturale: "Un professionista non solo aggiornato, ma anche convinto, e' il primo a diffondere le giuste informazioni. Se invece io per primo sono poco convinto e scarsamente recettivo di fronte alle novita' e alle opportunita', difficilmente potrò essere stimolante con il paziente".
Ultima sottolineatura riguarda le prescrizioni di alcune tipologie di farmaco. "Parlando degli oppiacei, abbiamo affrontato degli anni molto difficili scontando l'ideologia di chi vede in questi mezzi solo un rischio di dipendenza, aggiunta alla chiusura di una societa' che vive il dolore come una sorta di espiazione. Sono tanti- conclude Cuffari- gli aspetti che si sono sovrapposti nel corso degli anni. Non ultima, la scarsa conoscenza di farmaci che fanno pensare alla fine della vita, quando non sempre è cosi' e comunque non necessariamente per un lungo periodo".
(Ekp/ Dire)