(DIRE) Roma, 23 mar. - La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Firenze sul divieto di donare alla ricerca gli embrioni previsto nella legge 40 sulla fecondazione assistita, a causa dell'elevato "grado di discrezionalità" riguardante il bilanciamento operato dal legislatore tra dignità dell'embrione ed esigenze della ricerca scientifica: bilanciamento che, "impropriamente il Tribunale chiedeva alla Corte di modificare, essendo possibile una pluralità di scelte, inevitabilmente riservate al legislatore".
Infine, quanto poi all'articolo 6 sul divieto di revoca del consenso alla procreazione medicalmente assistita dopo l'avvenuta fecondazione dell'ovulo, l'inammissibilità da parte della Corte Costituzionale è stata motivata dal "difetto di rilevanza nel giudizio di merito, nel quale risultava che la ricorrente aveva comunque, di fatto, deciso di portare a termine la procreazione medicalmente assistita".
Ecco il comunicato della Corte Costituzionale: "In data odierna, la Corte costituzionale - intervenendo ancora una volta sulla 'legge 40' - ha esaminato le due questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Firenze, relative, rispettivamente, al divieto (art. 13 della legge 40) di ricerca clinica e sperimentale sull'embrione non finalizzata alla tutela dello stesso; ed al divieto (art.6) di revoca del consenso alla procreazione medicalmente assistita dopo l'avvenuta fecondazione dell'ovulo. La prima questione è stata dichiarata inammissibile in ragione dell'elevato grado di discrezionalità, per la complessità dei profili etici e scientifici che lo connotano, del bilanciamento operato dal legislatore tra dignità dell'embrione ed esigenze della ricerca scientifica: bilanciamento che, impropriamente, il Tribunale chiedeva alla Corte di modificare, essendo possibile una pluralità di scelte, inevitabilmente riservate al legislatore. La seconda questione è stata dichiarata, a sua volta, inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio di merito, nel quale risultava che la ricorrente aveva comunque, di fatto, deciso di portare a termine la procreazione medicalmente assistita".
(Wel/ Dire)