(DIRE) Roma, 10 mag. - Nonostante gli investimenti a lungo termine, l'influenza stagionale continua ad essere un problema significativo in tutto il mondo. La pietra angolare della protezione resta la vaccinazione e adesso un nuovo studio, condotto da ricercatori del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e pubblicato sulla rivista open access dell'American Society for Microbiology "mBio", fornisce alcune indicazioni interessanti su come potrebbe essere migliorato il livello di protezione di questi vaccini.
Gli attuali vaccini per l'influenza stagionale sono progettati per indurre alti livelli di anticorpi protettivi contro l'emoagglutinina (HA), una proteina presente sulla superficie del virus influenzale, che gli permette di penetrare in una cellula umana e avviare l'infezione. Livelli più elevati di anticorpi HA nell'organismo sono stati infatti a lungo associati a una maggiore protezione contro l'infezione influenzale. Di conseguenza, i livelli di anticorpi HA sono stati utilizzati per guidare la selezione del ceppo vaccinale e desumere l'efficacia del vaccino contro i virus in circolazione fino a che non fossero disponibili studi sul campo. Tuttavia - spiegano gli Autori dello studio - le oscillazioni di efficacia del vaccino contro l'influenza stagionale negli ultimi dieci anni hanno sollevato interrogativi circa la loro capacità di protezione e circa l'opportunità di considerare altri fattori, come gli anticorpi per la proteina NA, nella progettazione del vaccino antinfluenzale annuale per migliorarne le prestazioni.
"L'idea alla base di questo studio è stata rivalutare lo standard per la valutazione della risposta immunitaria ai vaccini contro l'influenza", ha affermato il ricercatore principale dello studio Matthew J. Memoli, direttore dell'Unità Studi Clinici del Laboratorio di Malattie infettive del NIAID.
Per questa ragione il team di ricerca ha arruolato 65 volontari sani di età compresa tra i 18 e i 50 anni in uno studio challenge (studio in cui gli individui sono esposti ad agenti patogeni che causano malattie in condizioni rigorosamente controllate). Lo studio, che ha avuto inizio nel settembre del 2013, è stato condotto presso il Centro Clinico NIH di Bethesda, nel Maryland, nell'Unità Studi Clinici appositamente individuata, in quanto dotata di caratteristiche di isolamento e di controllo delle infezioni.
Memoli e colleghi hanno misurato i livelli degli anticorpi anti-HA e anti-NA esistenti nel sangue dei partecipanti. Sulla base di questi risultati, i volontari sono stati collocati in due gruppi: quelli con alti livelli di anticorpi anti-HA (25 partecipanti) e quelli con bassi livelli di anticorpi anti-HA (40 partecipanti). A ciascuno dei volontari è stata poi somministrata una dose intranasale (1 millilitro) di virus dell'influenza H1N1 2009; ai volontari è stato richiesto di rimanere nell'unità di studio per nove giorni in cui sono stati monitorati da personale medico 24 ore al giorno. Successivamente sono stati dimessi dopo aver completato due giorni di test influenzali negativi. In seguito, hanno svolto quattro visite di follow-up con il team di studio in otto settimane.
Come previsto, i ricercatori hanno scoperto che il gruppo di partecipanti che avevano alti livelli di anticorpi anti-HA mostravano un'incidenza significativamente minore della malattia influenzale da lieve a moderata e una riduzione della sua durata rispetto ai partecipanti con bassi livelli di anticorpi HA.
Tuttavia la probabilità di manifestare sintomi influenzali era sovrapponibile nei due gruppi. Se questi risultati fossero coerenti con l'infezione naturale da influenza, ciò suggerirebbe che alti livelli di anticorpi HA possono limitare la diffusione virale, e quindi la diffusione del virus da persona a persona, ma non possono impedire lo sviluppo dei sintomi influenzali, spiegando così perché alcune persone che si vaccinano contro l'influenza stagionale possano riportare sintomi di influenza.
Sorprendentemente, il migliore indicatore di protezione contro l'infezione influenzale ei suoi effetti collaterali sono stati invece gli anticorpi che neutralizzano l'azione della neuraminidasi (NA), un'altra diversa proteina di superficie del virus influenzale. La neuraminidasi, che non è attualmente il principale antigene bersaglio nei vaccini influenzali tradizionali, consente ai virus influenzali di nuova formazione di uscire dalla cellula ospite e causare l'ulteriore replicazione virale nel corpo.
I ricercatori hanno scoperto che i partecipanti con alti livelli di anticorpi NA mostravano un effetto protettivo del vaccino più robusto rispetto a quelli del gruppo con livelli elevati di anticorpi HA. Nello speciifico, le persone con alti livelli di anticorpi NA hanno sperimentato una malattia meno grave, una durata più breve della diffusione virale e dei sintomi, e sintomi meno gravi rispetto a quelli con livelli elevati di HA. Lo studio suggerisce quindi - secondo i ricercatori - che considerare insieme i livelli di anticorpi HA e NA sarebbe un migliore indicatore dello sviluppo della malattia influenzale da lieve a moderata e della gravità dei sintomi e che gli anticorpi NA sono il fattore più forte per determinare la gravità della malattia.
Sulla base di questi risultati, gli Autori suggeriscono che il ruolo dell'immunità NA dovrebbe essere considerato quando si studia la predisposizione all'influenza e che nella progettazione delle future piattaforme dei vaccini antinfluenzali si dovrebbe tenere conto degli antigeni NA.
(Wel/ Dire)