(DIRE) Roma, 1 lug. - Accendere una sigaretta in salotto o in camera da letto è come aprire la porta di casa ad un serial killer. Un gesto abituale per 25 abitanti del Lazio su cento. Sì, perché il fumo resta il principale alleato del tumore al polmone, il big killer che non fa abbastanza paura nonostante sia la prima causa di morte oncologica, sia al quarto posto tra quelli più diagnosticati, e sia ancora lontana la diagnosi precoce. "Se domani la popolazione mondiale decidesse di smettere di fumare- dice Filippo de Marinis, Past President Aiot- tra 20/30 anni il carcinoma polmonare risulterebbe abbattuto del 90% come mai nessuna terapia potrà ottenere".
Una lezione che dovrebbero imparare soprattutto le donne, particolarmente a rischio eppure irriducibili della sigaretta o costrette a vivere con un fumatore in casa. "Il tumore del polmone cresce tra le donne perché continuano a fumare- dice Cesare Gridelli, presidente dell'Associazione Italiana Oncologica Toracica (Aiot)- ma l'aumento dell'incidenza della malattia in donne non fumatrici ci fa ipotizzare che ci sia anche una causa genetica e ormonale". Il tumore del polmone è stato al centro di CIOT2016, la Conferenza Internazionale di Oncologia Toracica, che si è tenuta a Napoli. E gli esperti lanciano un appello: smettete di fumare. Almeno in casa. Perché il fumo passivo aumenta il rischio di ammalarsi di tumore al polmone. Se non lo volete fare per voi, almeno fatelo per chi vi vive accanto.
LAZIO: TUTTE LE CIFRE DEL TUMORE DEL POLMONE E DEL FUMO. Ogni anno nel Lazio si contano oltre quattromila nuove diagnosi di cancro al polmone. Si stima che siano oltre settemila i malati nella regione. Il principale fattore di rischio resta il fumo.
Nel Lazio, lo dice l'Istat, il 21,2% delle persone oltre i 14 anni fuma, la percentuale più alta insieme all'Umbria dopo la Campania, (le sigarette in media sono 12) e il 20,6% è un ex fumatore. I dati del tumore del polmone parlano chiaro: il rischio dei fumatori rispetto ai non fumatori è aumentato di circa 14 volte e si incrementa ulteriormente fino a 20 volte nei forti fumatori. E nel Lazio i forti fumatori, quelli che accendono più di 20 sigarette al giorno sono il 3,1%.
"Che si tratti di uomini oppure di donne- spiega Filippo de Marinis Direttore della Divisione di Oncologica Toracica, dell'Istituto Europeo di Oncologia- Ieo- di Milano, Past-President di Aiot- il fumo rimane il principale killer dei polmoni. La prova? Se domani la popolazione mondiale decidesse di smettere di fumare, tra 20/30 anni il carcinoma polmonare risulterebbe abbattuto del 90% come mai nessuna terapia potrà ottenere. Bisognerebbe attuare campagne di prevenzione primaria 'aggressive' rivolte alla fascia dei trentenni, uomini e donne. Smettere di fumare a questa età significa garantirsi la possibilità di abbassare ai minimi termini il rischio di malattia. Cosa che non accade quando si abbandona la sigaretta a 50 anni". Un appello che continua a cadere inascoltato.
Soprattutto tra le donne che, in Italia, non si decidono a spegnere la sigaretta. Eppure sembrano avere un rischio 'genetico' in più. I dati ci dicono che il 38% dei tumori diagnosticati sono adenocarcinomi (il 48% tra le donne), una forma che colpisce soprattutto i non fumatori. Il perché questo avviene non è ancora chiaro.
"L'incremento degli adenocarcinomi (la gran parte dei non squamosi)- spiega Cesare Gridelli, presidente dell'Associazione Italiana Oncologica Toracica (Aiot) e Direttore dell'Unità Operativa a Struttura Complessa di Oncologia Medica dell'Azienda Ospedaliera "S.G.Moscati" di Avellino- è legato a due fattori principali: l'aumento dell'incidenza della malattia in donne non fumatrici, in parte verosimilmente dovuto anche a causa di fattori genetici e ormonali, e il cambiamento delle abitudini al fumo. Il maggiore utilizzo di sigarette con filtro e di tipo light ha portato il fumatore ad aspirare più profondamente portando il fumo e i suoi agenti cancerogeni nella parte più in profondità dell'albero bronchiale dove insorge tipicamente l'adenocarcinoma".
Quello del fumo passivo, dunque, è un fattore non di poco conto. Da un'indagine condotta dall'Istituto Superiore di Sanità si scopre che su 100 abitanti del Lazio solo 75,3 pensano che le case siano 'libere da fumo', quindi 25 su 100 ammettono che nella loro casa è ammesso fumare. L'appello, quindi, è quello di 'liberare le case dal fumo' anche nel Lazio. Il rischio per un non fumatore di ammalarsi di cancro se vive con un fumatore è del 20% in più per le donne e il 30% in più per un uomo. Se non lo volete fare per voi, fatelo almeno per chi vi vive accanto.
(Wel/ Dire)