(DIRE) Roma, 17 giu. - Promosse da uno studio dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma le riviste scientifiche cosiddette 'open access', ovvero le riviste di nuova generazione accessibili a tutti gratuitamente e per le quali a pagare sono gli scienziati che pubblicano le loro ricerca: almeno in campo oncologico la qualità delle ricerche scientifiche pubblicate su queste riviste è del tutto comparabile a quella delle ricerche che trovano spazio sulle riviste tradizionali. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Plos One dalla professoressa Stefania Boccia e collaboratori (Roberta Pastorino, Sonja Milovanovic, Jovana Stojanovic, Ljupco Efremov, Rosarita Amore), dell'Istituto di Sanità Pubblica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Negli ultimi 25 anni il metodo di pubblicazione delle riviste scientifiche ha subito una sostanziale trasformazione legata al potenziale tecnico offerto dal Web. In primo luogo la pubblicazione elettronica è diventata il canale di distribuzione maggiormente utilizzato e, in secondo luogo, è stato lanciato il sistema di pubblicazione "open access", basato sul principio del libero accesso per i lettori, senza nessun tipo di restrizione. Negli anni il numero di riviste open access è aumentato fortemente e a oggi se ne contano più di diecimila.
La comunità scientifica ha dibattuto sulla possibilità che questa proliferazione abbia danneggiato il sistema di revisione e abbia portato a una diminuzione della qualità degli articoli scientifici pubblicati. C'è la percezione che se la rivista riceve il pagamento dall'autore piuttosto che dal lettore questo porti le riviste ad accettare anche articoli di bassa qualità dato che gli introiti dipendono linearmente dagli articoli pubblicati. Il lavoro della professoressa Boccia e collaboratori ha valutato, tramite l'utilizzo di scale validate, la qualità metodologica e il rigore nella stesura dei lavori pubblicati su riviste open access e non, considerando studi epidemiologici primari, revisioni sistematiche e meta-analisi pubblicati nel settore dell'oncologia nel corso del 2013.
"L'analisi effettuata su 85 studi- spiega Boccia- non ha rilevato una differenza tra quelli pubblicati su riviste open access e non open access. Si può quindi concludere che gli studi pubblicati sulle riviste open access nel settore dell'oncologia presentano la stessa qualità metodologica e di presentazione delle ricerche pubblicate sulle riviste non open access".
Lo studio, quindi, rivela che, nonostante le riviste open access ricevano un pagamento da parte degli autori del lavoro al fine di pubblicarlo, il processo di revisione non risulta compromesso in termini di qualità. Ricercatori e lettori possono pubblicare e leggere articoli su entrambe le riviste senza il timore di avere articoli di qualità differente.
(Wel/ Dire)