(DIRE) Roma, 17 giu. - Fare uscire dal guado di una riforma rimasta a metà la sanità penitenziaria, garantire dignità professionale e riconoscimento normativo ai circa 2000 medici che lavorano nelle carceri, assicurare ai 53873 detenuti nelle carceri, di cui 18000 stranieri, il rispetto di un effettivo diritto alle cure uguale per tutti a livello nazionale. E' stato questo il filo conduttore dell'Assemblea di settore della medicina penitenziaria aderente della Fimmg che si è tenuta a Roma presso l'Hotel Sheraton di viale del Pattinaggio alla presenza del Segretario Nazionale, Giacomo Milillo. Risultato finale dell'incontro l'approvazione del documento base per la firma di un accordo contrattuale capace di superare la situazione d'incertezza attuale dovuta ai ritardi nel traghettare alla responsabilità dei servizi sanitari regionali la tutela delle salute dei detenuti così come previsto dalla legge del 2008.
"Vogliamo portare a compimento la riforma oggi ridotta ad uno spezzatino di soluzioni regionali tutte diverse tra loro che produce ingiustizie per gli operatori ed inefficienza nell'assistenza erogata - spiega l'esecutivo del settore penitenziario della Fimmg-; per superare i ritardi occorre realizzare un modello unico in tutte le regioni italiane, con le identiche condizioni contrattuali per tutti i medici che vi lavorano e cosi assicurare uniformità di cure a livello nazionale. In questo senso le nostre proposte vanno oltre la semplice rivendicazione contrattuale e si fanno carico di assicurare un salto qualitativo al sistema proponendo di strutturare in forma permanente quelle che oggi sono sperimentazioni in corso in Toscana negli Istituti Penitenziari di Massa e Volterra".
In gioco la possibilità di permettere alla popolazione detenuta la stessa libertà di scelta del medico curante assicurato ai cittadini all'esterno delle carceri. Ogni detenuto può scegliere il suo medico in base ad un rapporto fiduciario, indicandolo tra quelli in servizio nell'istituto. Per la Fimmg è un percorso di civiltà fattibile e a costo zero, realtà unica nel panorama internazionale ed in ossequio alle indicazioni della OMS. All'estremo opposto, fa notare il sindacato, di quanto sta accadendo in Sicilia, ultima tra le regioni a recepire il DPCM, a ben otto anni di distanza, ove ancora si lavora ad ipotesi organizzative e dove è messa a rischio la qualità dell'assistenza in atto garantita da figure professionali con esperienza pluridecennale che non vedono chiaro il loro futuro professionale.
Altro elemento indispensabile per garantire il salto di qualità necessario è quello formativo. La proposta è quella di varare corsi di formazione specifici per diventare medici penitenziari e che attrezzino i nuovi arrivi a far fronte alla complessità del ruolo. I medici penitenziari infatti devono aver competenze diverse, articolate e approfondite per quanto riguarda, solo per citarne alcune, le tecniche dell'emergenza, la psichiatria, l'infettivologia, le tossicodipendenze, la medicina legale.
"Per recuperare e garantire efficacia ed appropriatezza delle cure il sistema deve essere in grado - sottolinea la Fimmg - di erogarle in modo uniforme in tutte le carceri a prescindere dalle Regioni in cui sono ospitate. I detenuti e le detenute infatti spesso vengono spostati da un istituto all'altro con il cambio del modulo assistenziale, ogni vota diverso. Questo crea un oggettivo abbassamento del livello di assistenza a scapito dei cittadini detenuti". Il documento contrattuale approvato dall'assemblea dei medici penitenziari Fimmg nasce quindi con l'obiettivo di colmare questi ritardi e di colmare una riposta equa ai bisogni dei medici ed ai circa 54mila detenuti presenti nelle carceri italiane.
(Wel/ Dire)