(DIRE) Roma, 3 giu. - Si apre a Chicago l'annuale congresso dell'American Society of Clinical Oncology (3-7), l'evento centrale per comprendere dove vadano le cure di quello che ormai è considerato il big-killer dell'umanità. Ogni anno l'Asco lancia una chiave di lettura del suo meeting e per il 2016 la riflessione è concentrata sul tema della "collective vision": è possibile - si domandano gli specialisti americani - una visione collettiva per cura, ricerca e investimenti basata sulla centralità del paziente? Possono clinici e case farmaceutiche, associazioni di cittadini ed istituzioni, enti pagatori e agenzie regolatorie, università e centri di ricerca, camminare tutti nella stessa direzione a favore della salute dei cittadini? Domanda non peregrina, visto che in tutto il mondo occidentale la crisi socio-economica sta mettendo a dura prova i sistemi di welfare al punto da non assicurare più quelle risorse economiche necessarie e sufficienti per garantire sistemi di cura efficaci e (pur nella differenza) universali.
Sulle prospettive complessive di ricerca e healthcare che verranno presentate a questa edizione dell'ASCO abbiamo intervistato Paolo Ascierto, direttore dell'Unità di Oncologia-Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto 'Pascale' di Napoli. Nella prestigiosa cornice del simposio americano - dove quest'anno sono attesi oltre 35mila specialisti da tutto il mondo - Ascierto è l'unico italiano che è stato scelto come chairman di una delle sessioni (Melanoma and Skin Cancers, 4 giugno).
Professor Ascierto, Asco 2016 si apre sottolineando la necessità di una "collective wisdom" per un approccio di cura incentrato sul paziente. Come mai questa preoccupazione? Quale è la "visione collettiva" verso cui può tendere la ricerca oncologica? "Il tema lanciato quest'anno dall'Asco sottolinea che ci troviamo di fronte a un problema sostanziale: l'incidenza delle forme tumorali sta aumentando in modo preoccupante, anche come ultimo effetto di pessimi stili di vita e di cause che possono essere riferite ai fattori di inquinamento ambientale. Di fronte a questi fattori stiamo per fortuna registrando l'aumento di cure efficaci con benefici a lungo termine. Quindi abbiamo da un lato un aumento preoccupante di incidenza, ma dall'altro motivi per sperare in terapie sempre migliori. La scommessa di oggi è quindi: abbiamo le cure, praticamente in quasi tutte le patologie, e dunque dobbiamo trovare il modo per permettercele. Non si scappa da questa necessità che ASCO vuole fissare in modo chiaro con il suo titolo annuale".
Purtroppo oggi "cura" fa rima con "sostenibilità": cosa si sente di rispondere a chi chiede sempre nuovi tagli alla sanità del nostro Paese? "La sostenibilità economica delle cure è di sicuro un problema serio ed è una criticità destinata a crescere sempre di più. Ma - per dirla in modo franco - il rischio è che si arrivi a decidere se approvare oppure no un farmaco esclusivamente sulla base delle disponibilità economiche di un Paese o di una Regione; si pensi in questo senso a quello che è successo recentemente con i farmaci contro l'epatite C. Forse sarebbe quindi necessario da parte dei governi di siglare degli accordi con le Companies del farmaco in modo da permettere l'aumento degli investimenti in ricerca di queste aziende, garantendo al tempo stesso, una spesa sanitaria sostenibile a fronte, ad esempio, di un accesso più rapido alle cure. Comunque il problema è serio e fino a quando il prezzo dei farmaci non verrà 'controllato' in qualche modo, la soluzione non sarà facile".
Da Asco in questo senso potrebbero giungere dei messaggi confortanti? "Diciamo che sono convinto che nel momento in cui la questione verrà affrontata e risolta negli Stati Uniti, anche le probabilità di rientrare nella sostenibilità su scala internazionale saranno più elevate".
Entrando nel merito del programma, lei crede che sarà una edizione di Asco ricca di novità? "Sarà sicuramente un ASCO interessante, con nuovi dati che confermeranno il ruolo chiave dell'immunoterapia non solo nel melanoma, ma in tutti i tipi di tumore".
L'immunoterapia rappresenta oggi una speranza reale, una speranza fondata? "Si. Non si tratta di un annuncio ad effetto. Prima del 2011 un paziente con melanoma arrivava a 6-9 mesi di sopravvivenza. Oggi il 20% dei soggetti colpiti da melanoma può essere cronicizzato. E possiamo affermare che i nuovi immunoterapici ci fanno sperare che quel 20% possa aumentare, sino addirittura a raddoppiare".
Lei è chairman di una sessione dedicata alla prevenzione e cura del melanoma, che è il suo terreno di ricerca: cosa ci può anticipare, entrando nel merito? "Tutti i relatori e chairman sono sotto embargo fino al meeting, come ben si può capire, ma direi che ad Asco saranno presentate alcune novità sia nel campo della target therapy che nel settore - appena citato - dell'immunoterapia. C'è molta attesa per i dati dell'uso degli inibitori di MEK nei pazienti con la mutazione di NRAS, e per i dati di sopravvivenza degli studi con pembrolizumab. Inoltre, ci sarà un aggiornamento dei dati sullo studio di fase III della combinazione ipilimumab/nivolumab. Da segnalare anche la presentazione dei dati sull'immunoterapia nel trattamento del carcinoma di Merkel, un altro tumore aggressivo della pelle.
Insomma uno scenario molto interessante".
Non capita spesso che gli italiani siano chairman all'Asco: è un riconoscimento all'attività sua e dell'Irccs Pascale, ma anche all'oncologia italiana? Quale è lo stato di salute della ricerca oncologica nel nostro Paese? "Direi che vive un periodo ottimo! Ci sono molti ricercatori italiani riconosciuti a livello internazionale. Tuttavia, oltre all'atavico problema della scarsezza delle risorse economiche, dovremmo comunque cercare di incrementare nel nostro Paese la ricerca indipendente e gli studi no-profit. Questo affinchè salga sempre più di livello la competitività italiana a livello internazionale".
(Wel/ Dire)