(DIRE) Roma, 13 gen. - "Il problema delle sepsi interessa tutti i sistemi sanitari e soprattutto in questi ultimi 10 anni si è manifestato in modo dirompente: nonostante le spese elevate di trattamento, esse sono spesso fatali e rappresentano una delle principali cause di morte intraospedaliera, pari al 17% delle ospedalizzazioni verso il 2% di tutte le altre ospedalizzazioni. Il tasso di incidenza di sepsi, la sua severità e il tasso di mortalità aumenta in relazione all'età dei pazienti; in particolare sopra i 65 anni l'incidenza è 122,2 per 10,000 mentre sotto i 65 anni è pari a 9,5 per 10,000. Inoltre, coloro che sopravvivono ad una sepsi hanno maggiori probabilità di avere danni d'organo permanenti, deficit cognitivi e disabilità". Così in una nota il ministero della Salute.
Un ulteriore aspetto da non sottovalutare, prosegue il ministero, è rappresentato dai tassi di ospedalizzazione e durata della degenza. "Secondo i dati pubblicati dal Cdc- sottolinea la nota- i pazienti ricoverati con setticemia o sepsi, come la prima diagnosi o diagnosi-secondaria, negli Usa, sono passati da 621mila nel 2000 a 1.141.000 nel 2008, con un aumento del 70%. I dati includono sia pazienti ospedalizzati per sepsi, sia pazienti ricoverati per altra diagnosi, ma che hanno sviluppato la sepsi durante il ricovero in ospedale. I pazienti affetti da sepsi avevano una durata media del ricovero più lunga del 75% rispetto a quelli ospedalizzati per le altre condizioni. I costi di ospedalizzazione per sepsi riferiti all'anno 2008 sono stati stimati essere circa 14.6 miliardi di dollari".
Per quanto riguarda i fattori di rischio per lo sviluppo di sepsi, secondo il ministero della Salute sono "l'età (età estreme), la immunosoppressione, l'uso di cateteri venosi centrali e procedure invasive, la presenza di focolai infettivi quali polmonite, meningite, infezioni addominali infezioni renali".
La sepsi in età pediatrica, poi, ha un'incidenza "di 0.56 casi per mille- fa sapere ancora il ministero della Salute- ed è più elevata nei primi 12 mesi di vita dove l'incidenza cresce a 5.6 casi per 1000 bambini per scendere a 0.20 casi tra 10 e 14 anni". La sepsi, inoltre, è anche la più comune causa di morte neonatale soprattutto nel bambino nato pretermine. "L'incidenza nel mondo varia da 1 a 10 per mille nati vivi e la mortalità è circa il 50%. Essa può insorgere precocemente (Early-onse) ento 3 giorni dalla nascita (85% entro 24 ore), o dopo 3 giorni (late onset)". I principali fattori di rischio per la Eos sono duqnue "infezione materna da streptococco di gruppo B, corioamnionite, rottura prematura delle membrane e prolungata >18 ore (PROM), neonato pretermine (< 37 settimane), gravidanza multipla". Per quanto riguarda la 'sepsi late onset' i fattori di rischio sono "prematurità, basso peso alla nascita, procedure invasive, ventilazione assistita e uso prolungato di antibiotici".
La sepsi, fanno sapere gli esperti del dicastero, è una condizione clinica "frequente e molto complessa: la probabilità di sopravvivenza, in particolare della sepsi grave e dello shock settico, dipende da contesti organizzativi appropriati e dalla disponibilità di competenze e di trattamenti precoci e aggressivi. Nel panorama dei potenziali rischi per la sicurezza del paziente attribuibili all'assistenza sanitaria, essa gioca un ruolo di primo piano perché è frequente, ha un elevato impatto clinico ed economico e perché- conclude il ministero della Salute- può essere gestita con l'adozione di misure efficaci".
(Wel/ Dire)