Roma, 28 set. - Alla fine vince sempre il biberon. Nonostante le campagne. Nonostante gli appelli. In Italia, in Europa, negli Stati Uniti. Perché se allattare è bello, sano e giusto, è anche faticoso, difficile, vincolante. E non sempre le mamme possono, vogliono, o riescono a farcela. Così, in media, allo scadere del terzo mese dalla nascita di un figlio, l'ormai demonizzato ( ma vendutissimo) latte artificiale compare nella gran parte delle nursery domestiche. Anche se spesso accompagnato dal corredo di sensi colpa delle mamme contemporanee, bersagliate oggi dalla mistica di una maternità perfetta e senza sbagli, tra gravidanze esibite e stanchezze negate. A 25 anni dalla grande campagna per l'allattamento al seno lanciata nel 1990 dall'Oms e dall'Unicef, i dati dimostrano che quasi in nessun paese d'Europa quei traguardi sono stati raggiunti, a cominciare dall'Italia. Esclusa la Finlandia non esiste nazione infatti dove le madri allattino "esclusivamente al seno" (cioè senza l'aggiunta di latte artificiale) i loro bambini per sei mesi consecutivi, così come dicevano le raccomandazioni dell'Oms. E se ha fatto discutere nelle scorse settimane un sondaggio francese in cui buona parte delle intervistate affermava di aver allattato "non più di tre settimane", già a 4 mesi in Italia il 70% dei piccoli viene nutrito con il biberon. Con una statistica più o meno simile a quella degli anni Sessanta e Settanta, quando il biberon per molte donne appena entrate nel mondo del lavoro rappresentò, di fatto, l'unica forma seppure rozza di conciliazione tra maternità e lavoro.
Perdita, sconfitta, o libertà di scelta delle madri? Sul fronte medico, naturalmente, l'allattamento al seno, viene considerato una vero e proprio salvavita. "Senza colpevolizzare le donne che non ce la fanno o scelgono di non farlo, bisogna fare di tutto perché i bambini vengano nutriti con il latte materno il più a lungo possibile", dice chiaro Renato Vitiello, pediatra, che coordina la "task force" sull'allattamento al seno creata dalla Società Italiana di Pediatria. "In Italia la situazione sta migliorando, ma soltanto il 10% delle donne arriva ai sei mesi del bambino nutrendolo esclusivamente con il proprio latte. Forse perché non si ha la percezione di quanto sia prezioso: per creare gli anticorpi, per le proprietà nutritive, ma soprattutto perché è una materia "viva" e incomparabile rispetto a un prodotto artificiale". Tutto vero. E però nel mondo si allatta poco. E forse non è soltanto "colpa" delle multinazionali dei prodotti per l'infanzia. Ad allattare soltanto per pochi mesi sono le donne del mondo occidentale ed istruito. Basta tornare ai dati. In Francia soltanto il 23% delle mamme va oltre i tre mesi, in Spagna il 35%, negli Stati Uniti come nei Paesi Bassi il 33%, fatta eccezione della Finlandia "felix" dove l'80% dei bebé viene allevato con latte materno per oltre sei mesi. Dunque spesso è una scelta. Perché nulla è bello ma anche vincolante come allattare un bambino. Giorno e notte a disposizione. Sentirsi prigioniere è un sentimento comune, seppure quasi mai confessato, di molte donne. "In una strana società che da una parte esalta la maternità, ma dall'altra censura chi si azzarda a mostrarsi in pubblico con il piccolo attaccato al seno nudo", sottolinea Barbara Mapelli, che insegna Pedagogia delle differenze di genere alla Bicocca di Milano. "C'è un lato oscuro che viene negato in questa mistica della gravidanza. E cioè la fatica delle mamme, i loro sentimenti contraddittori, il loro diritto di scelta. Oggi la decisione di non allattare è quasi il sinonimo di "cattiva madre," eppure eserciti di bambini sono stati felicemente nutriti con il biberon". Senza contare che spesso sono proprio le condizioni di lavoro, la mancanza di congedi, a rendere obbligatorio il passaggio al latte in polvere. E se Renato Vitiello da pediatra suggerisce che le donne vanno sostenute con ogni aiuto, perchè "non rinuncino all'allattamento", Barbara Mapelli mette in guardia invece da un salto all'indietro. "La spinta sociale ad essere super-madri non è altro che il tentativo di riportare le donne nei loro ruoli tradizionali". Il pediatra: "Per i neonati è un vero salvavita, ma le donne vanno sostenute con ogni mezzo" La sociologa: "Per molte è vissuto come una prigione o una fatica eccessiva.
Articolo tratto da La Repubblica (Wel/ Dire)