Roma, 28 set. - Se pensiamo alle più recenti approvazioni dell'Fda, - come la prima pillola prodotta con la stampa 3D di Aprecia, il primo sensore ingeribile per uso medico di Proteus Health o il iTbra di Cyrcadia Health, il reggiseno smart che una volta indossato può diagnosticare tempestivamente il rischio di cancro al seno, che dovrebbe avere l'ok nel 2016 - è evidente che il mondo della salute viene reinventato dalla tecnologia. E chi produce farmaci deve fare i conti con questa realtà e con la concorrenza sempre più aggressiva dei colossi tecnologici, che guardano al settore della salute come a una gallina dalle uova d'oro. Ibm e Apple, per esempio, hanno unito le forze in due progetti su larga scala al fine di creare un database sanitario, fondato sulle informazioni rilasciate dagli utenti tramite i propri device. Lo scorso marzo 23andme, nota per i test genetici, ha annunciato l'intenzione di sviluppare farmaci, tagliando fuori gli intermediari e lanciando una nuova tendenza per le aziende simili. La società fondata nel 2006 da Anna Wojcicki (ex moglie di Sergey Brin) e finanziata anche da Google Venture, a giugno ha raggiunto il milionesimo cliente e dal 2014 già condivide i dati genetici con 14 farmaceutiche. Che in questo scenario in rapido mutamento hanno quindi attivato strategie diverse per espandere il loro business e stare al passo dell'innovazione. Non si tratta più solo di arricchire la pipeline di nuove molecole, ma di integrare i Big data nello sviluppo dei prodotti, aumentare la connettività dei dispositivi, offrire macchine personalizzate e semplificate per migliorare l'accesso e lo sviluppo clinico, investire nel sequenziamento di prossima generazione, eccetera. Insomma investire in tecnologia comprando o avviando partnership con chi la produce è la strada senza ritorno per la medicina digitale e personalizzata. E gli esempi si sprecano (si veda l'infografica a fianco).
Del resto oggi la possibilità di mettere a punto farmaci innovativi sulla base della mappa genetica dei singoli individui influisce profondamente sulle strategie di sviluppo e sui processi aziendali. L'importanza di questo fattore è evidenziato dal fatto che le Big Pharma riservano alla genetica il 10-20% del budget per le attività di ricerca e sviluppo. Tra le prime a comprendere il potere dell'innovazione esterna e della collaborazione c'è la svizzera Roche con l'acquisizione ai tempi di Genentech (la prima biotech quotata in borsa) e oggi di Foundation Medicine, una società che utilizza la genetica per aiutare a selezionare i farmaci per i malati di cancro. "È la vera medicina di precisione - commenta Miro Venturi, Global Head Diagnostics Biomarkers di Roche - anche se identificare il biomarcatore appropriato è difficile ed è profondamente connesso alla biologia del cancro. Soprattutto per i nuovi oncoimmunologici che stimolano il sistema immunitario, e di conseguenza le risposte dei pazienti possono variare. Per questo è importante identificare correttamente il biomarker, che dà anche la possibilità di sviluppare companion diagnostics per prevedere o monitorare la risposta dei pazienti al trattamento". Un un mercato quello dei biomarcatori tumoriali che secondo Marketsandmarkets raggiungerà i 16 miliardi entro il 2020. Anche GlaxoSmithKline ha acquisito una partecipazione in Golden Helix, Inc., azienda nel software di analisi di dati per la farmacogenomica, ma sta anche applicando la tecnologia dei sensori della McLaren per monitarare i parametri vitali del paziente e la sua risposta alla terapia nelle sperimentazioni cliniche. Il confronto tra due diverse culture imprenditoriali (basti pensare solo al differente approccio al rischio: avverso nel farmaceutico e accettato nelle startup) sicuramente promuove creatività e innovazione. Il tutto però sta andando "alla velocità della tecnologia", e non a quella dell'assistenza sanitaria, che deve fronteggiare non solo la sostenibilità dei nuovi e costosi farmaci come gli anti-tumorali, ma il gigantesco rincaro dei prezzi di medicinali in commercio da 62 anni. È il caso, tutto americano, dell'antivirale Daraprim, standard di cura per la toxoplasmosi nei malati di Aids, che dal giorno alla notte è passato da 13,50 dollari a 750 dollari, ovvero il 5000% in più. Una mossa di Martin Shkreli, 32 anni, ex manager di hedge fund che alla guida della startup Turing Pharmaceuticals ha acquistato i diritti del farmaco. E non si tratta di un caso isolato: secondo il New York Times, la cicloserina,comprata di recente dalla Rodelis Therapeutic, è passata da 500 dollari a 10.800, per 30 pillole. Ma i veri sorvegliati speciali in tutti i Paesi a causa dei costi restano gli oncologici di ultima generazione, una pipeline che tra il 2010 e il 2014 si è arricchita di 45 farmaci e che è in continua crescita. Si tratta di una nuova sfida per la sostenibilità dei servizi sanitari futuri: nel 2014 la spesa globale per gli oncologici ha toccato la soglia dei 100 miliardi di dollari ed entro il 2017 rappresenterà la prima voce di spesa farmacologica nei Paesi industrializzati. In Italia, dei quasi 3,6 miliardi di euro spesi nel 2013 per medicinali anticancro, più del 92% è a carico delle strutture sanitarie pubbliche. "In un'ottica più globale - ha spiegato Graham Lewis, vice president Global Pharma strategy di Ims Health - entro il 2018 il fatturato compelssivo mondiale del settore pharma raggiungerà i 1300 miliardi di dollari, con una crescita annua potenziale pari al 5% che però si ridurrà a causa degli sconti richiesti dai payors". Il punto su cui contrattare non sarà più solo l'equazione costi-efficacia, ma anche il valore nel tempo e il tipo di indicazione. "In questo scenario è d'obbligo un percorso di dialogo e confronto con le istituzioni, che ha l'obiettivo di individuare soluzioni comuni e condivise per facilitare l'accesso all'innovazione e l'immissione sul mercato dei farmaci innovativi, ma anche le pari opportunità di cura per tutti" chiarisce Alfonso Gentile, direttore medical affairs di Roche.
Soluzioni che andranno trovate mantenendo un equilibrio tra tre variabili chiave: la sostenibilità economico finanziaria per il Ssn; i diritti dei pazienti; l'interesse dell'industria a ottenere ritorni adeguati rispetto agli investimenti sostenuti. Articolo tratto da Il Sole 24 Ore (Wel/ Dire)