Roma, 30 ott. - Uno studio australiano appena pubblicato su Nature Communications annuncia l'individuazione di una proteina chiave coinvolta nelle risposte 'super-infiammatorie' del sistema immunitario, le stesse alla base della sclerosi multipla e di altre patologie autoimmuni.
La proteina in questione è un recettore delle chemochine, sostanze che attraggono i linfociti T (in particolare i linfociti T helper produttori di IL-17 o Th17) per indurli, in condizioni fisiologiche a combattere le infezioni oppure, come accade nel corso di una malattia autoimmune, ad attaccare i tessuti sani, determinando così danni di variabile entità. Questo recettore, detto CCR2, fino ad oggi non era stato implicato nella patogenesi delle malattie autoimmuni. L'attenzione dei ricercatori era infatti tutta puntata su un altro recettore, il CCR6 che adesso i ricercatori australiani dimostrano avere un ruolo molto più marginale.
"Il nostro studio - afferma il professor Shaun McColl, Direttore del Centre for Molecular Pathology dell'Università di Adelaide - dimostra che il recettore da colpire è il CCR2; paradossalmente infatti, bloccando il recettore CCR6 si va a peggiorare la patologia. Riteniamo che se riuscissimo a bloccare in maniera selettiva il CCR2 sulle cellule T, potremmo controllare la progressione della sclerosi multipla. Fino ad oggi non si è ancora riusciti a controllare in maniera efficace questa malattia e per questo c'è un enorme bisogno di nuove terapie".
Ma il recettore CCR2 per le chemochine, oltre a giocare un ruolo importante nel controllare la progressione delle malattie autoimmuni, quali appunto la sclerosi multipla, sembra avere anche altri assi nella manica.
Un altro potenziale campo di applicazione di questa scoperta riguarda infatti la possibilità di migliorare la risposta ad alcuni vaccini.
"A differenza delle malattie autoimmuni, nel corso delle quali il corpo distruggere le sue proprie cellule e dove l'obiettivo della terapia è quello di bloccare la migrazione delle cellule T - spiega McColl - nel caso di infezioni persistenti l'obiettivo è quello di attivare una risposta 'super-infiammatoria' e di favorire la migrazione delle cellule immunitarie verso i focolai di infezione. I risultati della nostra ricerca possono aiutare anche a sviluppare vaccini in grado di potenziare in maniera più efficace la risposta immunitaria".
Articolo tratto da www.quotidianosanita.it (Wel/ Dire)