(DIRE) Roma, 28 ott. - A seguito di un'accurata revisione della più recente letteratura scientifica, l'Agenzia Italiana del Farmaco ha aggiornato le schede dei principi attivi impiegati per il trattamento dei disturbi d'ansia e depressivi in gravidanza e allattamento. Le schede sono pubblicate sul sito AIFA www.farmaciegravidanza.gov.it, l'iniziativa dedicata agli operatori sanitari e alle donne in dolce attesa e in allattamento per offrire loro uno strumento di consultazione sulla corretta assunzione dei medicinali in questo importante momento della vita di mamma e bambino.
I disturbi depressivi (Disturbo Depressivo Maggiore e Distimia) insorgono generalmente in età fertile, tra i 20 e i 40 anni di età. Durante la gravidanza è stato stimato che la prevalenza dei disturbi depressivi sia pari a circa l'8-10% e che circa il 13% delle donne soffrano di tali disturbi durante l'anno successivo il parto, in particolar modo la depressione post-parto è più frequente nelle adolescenti, nelle madri di neonati prematuri e nelle donne che risiedono in aree urbane e con basso livello socio-economico.
La gestione della gravidanza nelle donne affette da disturbi dell'umore è complessa e necessita di un approccio multidisciplinare. La terapia farmacologica per questo tipo di patologie durante la gravidanza è fondamentale in quanto, se non trattate, possono associarsi a complicanze materne e fetali.
La depressione non trattata può comportare scarsa nutrizione (in parte dovuta alla riduzione dell'appetito), abuso di alcool, ideazione suicidaria e si associa ad una maggiore incidenza di parto prematuro, basso peso alla nascita e disturbi neuro-comportamentali. Inoltre, le pazienti depresse spesso non manifestano un'adeguata attenzione e cura di se stesse, della gravidanza e del neonato. Il trattamento dei disturbi dell'umore si basa sulla psicoterapia e sulla terapia farmacologica.
È necessario che quest'ultima sia costantemente monitorata, in quanto la gravidanza determina significative variazioni nella farmacocinetica dei farmaci (assorbimento, distribuzione ed eliminazione) e di conseguenza variazioni della loro concentrazione plasmatica, talora clinicamente rilevanti.
Il trattamento farmacologico dei disturbi depressivi e dei disturbi d'ansia si avvale di diversi tipi di farmaci, somministrati in mono o politerapia, a seconda della gravità della patologia e dell'efficacia della terapia stessa e include gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). A tal proposito, le schede tecniche dei principi attivi Citalopram, Escitalopram, Fluoxetina, Paroxetina, Sertralina, Venlafaxina, appartenenti proprio a questa classe farmaci, sono state riviste relativamente alle reazione avverse associate all'utilizzo dei medicinali contenenti tali sostanze.
In generale, l'assunzione di farmaci SSRI nel secondo trimestre di gravidanza è stato correlato con un rischio aumentato di preeclampsia. Tale segnalazione è ancora in fase di studio sia per i possibili fattori confondenti sia per la numerosità del campione studiato.
L'assunzione prolungata di antidepressivi SSRI nel terzo trimestre e in prossimità del parto, invece, può determinare rallentata crescita fetale e basso peso alla nascita, problemi di adattamento e sintomi di astinenza (tra cui tremori, irritabilità, disturbi del sonno, sindrome da distress respiratorio, ipoglicemia) di solito transitori.
Non è ancora confermata la possibile associazione tra assunzione materna di farmaci SSRI nell'ultimo periodo di gravidanza e ipertensione polmonare neonatale persistente (PPHN). Gli studi sono concordi che comunque il rischio sarebbe minimo.
Gli studi sugli effetti dell'esposizione a SSRI in gravidanza sullo sviluppo psico-motorio e cognitivo nel bambino sono rassicuranti, ma basati su piccoli campioni, mentre non è ancora definito il rischio di anomalie comportamentali. Sono necessari ulteriori studi prospettici a lungo termine che tengano conto anche dei fattori confondenti.
(Wel/ Dire)