Roma, 1 ott. - Sindacati medici pronti allo sciopero nazionale anche (ma non solo) contro il decreto sull'appropriatezza prescrittiva. In cantiere a novembre c'è una manifestazione nazionale di tutta la categoria per "richiamare l'attenzione sulle criticità emergenti del Servizio sanitario nazionale". Ad annunciare la protesta è il segretario della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Luigi Conte, all'indomani dell'incontro tra il ministro della Salute Lorenzin e i sindacati sul Dm appropriatezza. La presentazione del provvedimento è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. I dottori sono decisi a rispedire al mittente l'ipotesi di una burocratizzazione delle cure che limiterebbe di fatto la libertà professionale connaturata all'atto medico mettendo tra l'altro le mani nelle tasche dei professionisti, che si vedrebbero decurtare la parte accessoria del proprio salario in caso di prescrizioni giudicate "eccessive".
E a nulla sono valse le rassicurazioni date dalla stessa ministra della Salute Beatrice Lorenzin: "Non ci sarà nessuna caccia al medico - ha detto - gli diamo gli strumenti per agire in modo più sereno". Ma il clima è tutt'altro che sereno e la categoria - da settimane in stato di agitazione contro i tagli al Ssn che mettono a repentaglio universalità e accessibilità delle cure - ha deciso ormai di schierarsi in prima linea. A cominciare da Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici, che esprime totale contrarietà "ad affrontare il tema dell'appropriatezza clinica per via amministrativa".
Per l'Associazione, "non è, infatti, compito della politica - spiega il segretario Costantino Troise - definire i criteri dell'appropriatezza clinica, valore in cui pure ci riconosciamo, invadendo l'autonomia e la responsabilità dei medici". Secondo Troise, "è impensabile procedere attraverso note, tabelle e sanzioni. Con il rischio di inquinare il rapporto medico-paziente e di spingere i cittadini verso le strutture private". Un no secco alla lista nera delle prestazioni da tagliare viene anche dal Sindacato dei medici italiani (Smi): "No alla black list sulle prestazioni - afferma in una nota Mirella Triozzi, segreteria nazionale del Smi - perché si produrranno conflitti con i pazienti, abusi interpretativi da parte delle aziende sanitarie e delle Regioni. Quindi un forte contenzioso amministrativo e spesso giudiziario".
"I medici devono poter continuare a fare il proprio lavoro, liberamente - conclude la sindacalista - senza la minaccia di una ritorsione economica. Il Governo, invece, deve avere il coraggio di dire la verità ai cittadini che da domani dovranno pagare ciò che fino a ora hanno avuto gratuitamente. Così, invece, è un modo ipocrita e dissimulato di tagliare servizi". Un colpo basso insomma, che rischia di ripercuotersi sul delicato rapporto medico-paziente. "Stop a politiche sanitarie che ricadono sui medici e sui cittadini. E anche il decreto sull'appropriatezza prescrittiva - afferma in una nota il Sumai-Assoprof, specialisti ambulatoriali, con il segretario Roberto Lala - va in questa direzione".
Non si può dunque far pesare su pazienti e dottori una partita così complessa come quella dell'over-trattamento, un fenomeno legato alla cosiddetta "medicina difensiva" che di fatto esiste e genera come ha ricordato la ministra Lorenzin un eccesso di spesa stimato a quota 13 mld di euro. Per Stefano Cecconi, responsabile Politiche della salute della Cgil nazionale, "le prestazioni fornite dal Ssn devono essere appropriate ma è inaccettabile scaricare la responsabilità e il costo sulle spalle del cittadino che viene costretto a pagare". Sul piede di guerra anche i medici di famiglia: "Il decreto sulle prestazioni sanitarie inappropriate - spiega Giacomo Milillo, segretario della Fimmg - è sbagliato e inutile, uccide la professione del medico ed espropria la sua funzione nel sistema sanitario e nella società: per questo i medici di famiglia sono pronti allo sciopero". Perplessi i pediatri. "È necessario - commenta Giampietro Chiamenti, presidente della Fimp - che scelte di tale importanza e rilevanza, destinate a incidere profondamente nella quotidianità di molti professionisti, siano fatte insieme ai medici".
Fuori dal coro i radiologi, che esprimono un parere fortemente positivo sull'iniziativa della ministra e il Cipomo: "Risorse limitate pongono doverosi quesiti - si legge in una nota degli oncologi - su quanto è davvero utile al paziente e su quanto è frutto di una routine, spesso superflua se non addirittura dannosa". Solidali con le proteste dei medici le associazioni dei pazienti. "Contro la prospettiva di un medico trasformato in funzionario è necessario confrontarsi per azioni comuni", commenta Tonino Aceti, leader del Tribunale dei Diritti del Malato Cittadinanzattiva. Contro lo sciopero il Codacons. E prendono posizione anche le Regioni, che dovranno a stretto giro esaminare il testo del decreto in Conferenza Stato Regioni. Sul fronte del no, finora isolato, il governatore del Veneto Luca Zaia che parla di "208 inutili schiaffi ai malati e ai prescrittori". "Se i gabellieri Renzi e Lorenzin - avverte - si aspettano che saremo noi a mettere le mani nelle tasche dei cittadini e dei professionisti per loro conto si sbagliano di grosso".
A favore il Piemonte: "Il tema dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie - sottolinea l'assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Antonio Saitta - è centrale per la Regione Piemonte". "L'Italia - prosegue Saitta - è ai primi posti dei Paesi Ocse per numeri di Tac e risonanze magnetiche, superata solo dalla Grecia e da Cipro. Il 22% di esami e prestazioni sono relativamente inappropriati e un altro 22% assolutamente inappropriato. Un esame su tre non dovrebbe essere prescritto". Sulla linea d'onda della ministra anche la Toscana: "Noi stiamo lavorando già da tempo - spiega l'assessore alla Salute, Stefania Saccardi - sull'appropriatezza di alcune prestazioni diagnostiche".
Articolo tratto da 'Il Sole 24 Ore-Sanità' (Wel/ Dire)