(DIRE) Roma, 27 nov. - Il 75% delle attrezzature del sistema sanitario nazionale ha esaurito il proprio ciclo economico (ammortamento concluso) e tecnologico, ma non essendoci denaro per gli investimenti continua a essere utilizzato, anzi, sottoutilizzato, sostengono gli autori del Rapporto Oasi 2015, presentato all'Università Bocconi, perché, oltretutto, i macchinari sono troppo capillarmente distribuiti tra i presidi ospedalieri e finiscono per rimanere spenti troppo a lungo. Se la spesa corrente del sistema sanitario equivale a 1.800 euro l'anno per ogni cittadino italiano, quella per investimenti rimane al palo ed è di soli 60 euro, in un quadro che vede il conto economico chiudersi, per il terzo anno consecutivo, con un lieve avanzo, a discapito di uno stato patrimoniale aggregato delle singole Aziende che denuncia 33,7 miliardi di euro di perdite accumulate a fine 2013.
"Un debito di queste dimensioni- afferma Francesco Longo, che ha curato il Rapporto con Patrizio Armeni, Clara Carbone, Francesco Petracca, Alberto Ricci e Silvia Sommariva,- riesce ad annullare il beneficio del pareggio di bilancio, perché è foriero di ricorsi amministrativi e cause civili, oltre ad assorbire tempo e risorse. Finché non si troverà una soluzione, il sistema è condannato a continuare a gestire il passato anziché il futuro".
La spesa sanitaria pubblica risulta, ormai, sotto controllo. Tra il 2009 e il 2014 è cresciuta al moderatissimo ritmo dello 0,7% l'anno, invertendo una tendenza che l'aveva vista crescere, tra il 2003 e il 2008, del 6% l'anno. Anche considerando un periodo più lungo, dal 1990 al 2014, la crescita media del 4,2% l'anno è inferiore a quella di poste comparabili del bilancio pubblico, come la previdenza (5,2% l'anno).
Gli spazi per la razionalizzazione della spesa sembrano davvero esauriti e oggi il sistema ricorre già troppo spesso a tattiche di razionamento (allungamento delle liste d'attesa, riduzione dei budget per i privati accreditati) che vanno a detrimento della sua efficienza.
"La vera sfida del sistema- sostiene ancora Longo- è una riorganizzazione che gli consenta di fare fronte al cambiamento del quadro epidemiologico, il cui aspetto più dirompente è la crescita della cronicità. Il numero delle unità operative, ospedali in primis, dovrà inevitabilmente essere ridotto, per liberare le risorse necessarie alla cura dei cronici e degli anziani".
Alla fine del 2013 i pazienti cronici, in Italia, erano stimabili in 18 milioni, 8 milioni dei quali pluripatologici. E, invece, gli interventi messi in campo sono di tipo istituzionale e mirano a rivedere i perimetri aziendali piuttosto che a riprogettare i servizi. Dal 2001 al 2015 un incessante processo di merger pubblico ha ridotto il numero delle Aziende da 330 a 244 (-26%) e altre importanti aggregazioni sono in vista, mentre la geografia dei servizi e i processi produttivi del settore si trasformano a un ritmo molto più lento. Le strutture ospedaliere che erogano prestazioni solo per acuti sono ancora 395, il 35% del totale Ssn, e la metà di esse (198) ha meno di 100 posti letto, una soglia al di sotto della quale si rischia di non avere la dotazione strutturale (tecnologia e competenze) e la casistica sufficiente per rispondere in maniera adeguata ai bisogni sanitari in termini di sicurezza, conclude l'Università Bocconi.
(Wel/ Dire)