(DIRE) Roma, 3 nov. - Servizi diffusi sul territorio per prendere in carico i pazienti nel luogo in cui vivono, assicurando prossimita' e continuita': in due parole, community care. E' questo il progetto su cui investe sempre di più il Sumai-Assoprof, il Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana e altre professionalita', che al tema ha dedicato nei giorni scorsi il 48esimo congresso nazionale di Bologna. "Abbiamo discusso di quelle che secondo noi sono le strategie per centrare l'obiettivo dell'assistenza territoriale legata alle nuove patologie, principalmente quelle croniche", spiega all'agenzia Dire il segretario generale del sindacato e presidente dell'Omceo di Roma, Roberto Lala.
Secondo "la nostra visione, si tratta di un progetto in cui lo specialista e' inserito in modo perfetto dal punto di vista contrattuale e per struttura organizzativa gia' presente nel territorio in stretta collaborazione con la struttura ospedaliera". Ma, aggiunge, "e' importante sottolineare che a prestare servizio non e' il singolo medico, ma tutta una rete che coinvolge anche la medicina generale e gli ospedali, ma soprattutto le organizzazioni sociali che forniscono assistenza insieme al comune di residenza del paziente". Lo sviluppo della community care procede grazie alla collaborazione di "importanti universita' come la Ca' Foscari di Venezia, la Cattolica di Roma, l'Alma Mater di Bologna, che stanno portando avanti lavori di ricerca sui problemi e le esigenze della sanita' territoriale, prendendo come riferimento anche altri Paesi europei. Con i risultati ottenuti potremo poi avanzare delle proposte".
Certamente non si parla di un modello unico perche' "in un Paese non omogeneo come il nostro, non puo' che essere diverso per applicazione a livello regionale, ad esempio. Non si puo' dare una sola immagine del progetto di community care, ma bisogna adattarlo a seconda delle realta' in cui ci si trova. Roma e' diversa dal Molise", fa capire Lala. Nel Lazio c'e' l'esempio delle Case della salute: "In una sola struttura il paziente trova diversi livelli di assistenza, compreso il legame quando serve con la struttura ospedaliera. E' evidente che questo modo di operare non puo' essere trasferito in tutte le realta', pero' lo stesso risultato si puo' ottenere attraverso un sistema informatizzato a rete che unisce le varie figure sanitarie".
Purtroppo tutto questo processo di sviluppo e' fortemente messo a rischio dalle questioni economiche. "Senza entrare nel merito dei rinnovi contrattuali e del tema delle retribuzioni, credo che debbano essere messe a disposizione delle risorse per costruire una rete generale: o si trovano, oppure non si mettera' in piedi nulla". E dopo le ultime disposizioni inserite nella Legge di stabilita', "la vedo malissimo per il Sistema sanitario e per la sua difesa, indispensabile in un Paese come l'Italia in cui il livello economico dei cittadini si e' abbassato notevolmente". Per Lala oltretutto "questa costante riduzione arriva dopo un accordo in Conferenza Stato-Regioni in cui l'incremento del fondo sanitario doveva essere di 2 miliardi". A questo punto dalla categoria arriva un "ultimatum bonario, perche' questa non e' una guerra tra due parti ma a difesa di un sistema pubblico". E "senza un punto d'incontro con il Governo parteciperemo uniti a una manifestazione il prossimo 28 novembre. Se neanche in quella occasione riusciremo ad avere delle rassicurazioni, siamo pronti allo sciopero generale per il 16 dicembre".
(Wel/ Dire)