Roma, 6 lug. - Articolo tratto da 'Quotidiano sanità'. C'è il naso elettronico che consentirà screening sanitari meno invasivi e più economici. Il sistema informatico evoluto che consente di mettere in sicurezza persone e cose in caso di alluvioni, terremoti o incendi. La proteina che inibita o sapientemente indirizzata promette effetti benefici su un fegato compromesso. O il 'frullato' di piastrine del sangue che rigenera i tessuti e la scoperta del potere antiossidante dell'inulina, lo zucchero presente in tanti alimenti. Sono i cinque progetti sviluppati nel Laboratori dell'Università Campus Bio-Medico di Roma che nel 2014 hanno conquistato i galloni della pubblicazione nelle riviste scientifiche più autorevoli. Presentati nel corso della Giornata della Ricerca, promossa dallo stesso Ateneo, promettono terapie più efficaci e maggiore sicurezza. Una promessa che in alcuni casi è già realtà.
Un semplice respiro per screening più efficaci e meno invasivi Il dispositivo per la raccolta e l'analisi dei composti volatili è già stato testato con successo in campo alimentare e industriale per rilevare qualità dei prodotti ed eventuali sofisticazioni. Ora promette di rendere possibili screening sanitari ad ampio spettro per un ampio numero di patologie, sostituendo test più invasivi e costosi. Promettenti al momento i risultati per il tumore al polmone, con screening effettuati su 100 pazienti nell'ambito della campagna del Campus "Un respiro per la vita", insieme alla TAC spirale a basso dosaggio, esame utilizzato per verificare la presenza di noduli a livello polmonare. Messo a punto dal Responsabile dell'Unità di ricerca di Elettronica per sistemi sensoriali, Giorgio Pennazza, insieme a un altro ingegnere del Campus Bio-Medico, Marco Santonico, la Pneumopipe cattura e convoglia i composti organici volatili espirati in uno strumento di analisi, denominato BIONOTE, in grado di rilevare quelle miscele caratteristiche che sarebbero utili a intercettare i cosiddetti 'falsi positivi', cioè i noduli individuati nel corso della TAC, che non sono pericolosi.
Un'applicazione ancora in fase di validazione, che in futuro potrebbe aiutare a capire in quali pazienti è consigliabile fare la tomografia, consentendo di sottoporre a radiazioni, seppur minime, solo le persone a rischio di sviluppare un tumore del polmone. La presentazione a Lisbona è valsa ai ricercatori del Campus Bio-Medico l'ESTS Young Investigator Award.
CIPRNet, un sistema evoluto per la gestione di crisi ed eventi catastrofici Con la 'tropicalizzazione' del clima europeo e la conseguente crescita di eventi estremi, quali i temporali improvvisi e di fortissima intensità, diventa sempre più importante poter disporre di sistemi innovativi in grado di supportare una efficace ed efficiente gestione delle emergenze. E a questo obiettivo punta 'CIPRNet', un sistema di supporto alle decisioni da utilizzare in presenza di catrastrofi naturali quali: alluvioni, terremoti, incendi o altri tipi di eventi avversi minacciano persone e infrastrutture in territori fortemente urbanizzati. Un progetto al quale il Campus partecipa con il Laboratorio di Sistemi Complessi e Sicurezza, diretto da Roberto Setola, insieme a ben 12 partner europei e all'Università di Vancouver. "In pratica, i dati provenienti da vari dispositivi e amministrazioni vengono elaborati da un complesso sistema informatico in grado di valutare in anticipo l'impatto di un evento avverso su infrastrutture e territorio, oltre che su singole tipologie di popolazione", spiega Setola. CIPRNet è già parzialmente in uso da parte di Acea, la società elettrica romana, che sta testando il sistema al fine di migliorare l'affidabilità del sistema elettrico, anche in presenza di eventi avversi, prevenendo e limitando così i danni per imprese e cittadini. Il sistema potrebbe ora essere adottato dalla Protezione Civile e da altri organismi indicati dal Governo.
Una proteina "salva-fegato" Si chiama MMP10 la proteina sulla quale hanno da tempo e con successo puntato la lente d'ingrandimento i ricercatori dell'Università Campus Bio-Medico di Roma insieme a quelli dell'Università di Pamplona. Un elemento che può giocare a favore del fegato in caso di 'danni acuti', non ripetuti nel tempo, come nel caso di resezioni di parti del tessuto epatico o a seguito di intossicazioni. "In questo caso - spiega Simone Carotti, ricercatore di Anatomia Umana del Campus Bio-Medico - abbiamo scoperto che MMP10 favorisce la rigenerazione e la riparazione del tessuto epatico. Al contrario, nei casi di danno cronico, come nella cirrosi, a seguito di epatiti croniche virali o metaboliche, la stessa proteina può invece favorire l'insorgenza o la progressione di tumori del fegato".
Lo studio dei meccanismi d'azione della proteina promette ora vantaggi sul piano terapeutico. "Nei casi acuti MMP10, insieme ad altre molecole simili potrebbe essere utilizzata per ripristinare una massa epatica compromessa, oppure mancante in caso di trapianto di un organo troppo piccolo per le necessità dell'organismo. Questo attraverso formulazioni farmacologiche o promuovendo la produzione della proteina da parte del fegato", spiega Carotti. Mentre nei casi cronici l'idea è quella d'interferire con MMP10 "contrastando la proteina attraverso inibitori specifici che potrebbero risultare efficaci per il trattamento del tumore al fegato", conclude il ricercatore, che ha lavorato al progetto.
Il 'frullato' che rigenera i tessuti E' un concentrato di piastrine risospese nel plasma oppure in un gel di fibrina. Il suo nome in codice è PRP (Platelet Rich Plasma) ed è ricavato dal sangue dello stesso paziente o dai donatori. Applicato direttamente su ossa, cartilagini, tendini o nelle grandi articolazioni come il ginocchio stimola e incrementa i processi rigenerativi e riparativi. L'utilizzo combinato di PRP e di cellule staminali multipotenti è in fase di sperimentazione nell'ambito della chirurgia vertebrale. "Inoltre - spiega Maria Cristina Tirindelli, ricercatrice e responsabile del Centro Trasfusionale del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico - il PRP si è rivelato molto utile per le cura delle ulcere cutanee croniche, molto frequenti nei diabetici". Nell'ambito della medicina rigenerativa più avanzata, il concentrato piastrinico unito a cellule dell'epidermide, dell'osso o mesenchimali può essere efficace nella ricostruzione dei tessuti connettivi. "Gli studi in corso al Campus - prosegue Tirindelli - si muovono ora verso due nuove tipologie di trattamento: quello delle invalidanti cistiti emorragiche post trapianto e delle infiammazioni della bocca e dell'apparato digerente indotte da chemioterapici e radioterapia".
Inulina, lo zucchero antiossidante. Si sa che ne sono ghiotti i batteri intestinali 'buoni', specie bifidobatteri e lattobacilli, i quali, grazie alla sua presenza, possono proliferare e così difendere l'intestino da specie batteriche dannose. Ora c'è la conferma scientifica che l'inulina, polimero del fruttosio appartenente alla famiglia dei fruttani, protegge la mucosa gastrointestinale dall'eccesso di radicali liberi causato da sostanze nocive come il Lipopolisaccaride (LPS), un'endotossina batterica responsabile dell'attivazione del sistema immunitario a livello intestinale, e non solo. Tra le conseguenze: l'alterazione della normale motilità intestinale e l'induzione di uno stato infiammatorio nocivo all'organismo. La conferma è frutto del lavoro di gastroenterologi e scienziati dell'alimentazione dell'Università Campus Bio-Medico di Roma. "Secondo i dati sperimentali - sottolinea Valentina Pasqualetti, ricercatrice del Laboratorio di Scienze degli alimenti e della Nutrizione del Campus - la capacità di eliminare i radicali liberi dell'inulina è molto maggiore di quella degli altri zuccheri semplici. Abbiamo inoltre constatato che questa proprietà rimane inalterata anche sottoponendo la molecola a cottura e simulazione del processo digestivo umano. Questo significa che la sua azione di neutralizzazione dei radicali potrà svolgersi direttamente a livello della mucosa infiammata".
L'inulina è presente in natura nelle radici della cicoria, in aglio, cipolla, carciofi, banane e, per chi può permetterseli, nei pregiatissimi tartufi bianchi. È disponibile sul mercato in specifici integratori alimentari, finora impiegati per la cosiddetta disbiosi intestinale, ovvero l'alterazione della normale flora batterica dell'intestino, ma anche nel trattamento di gastroenteriti acute e nel regolare la funzione intestinale. "Questi dati - sottolinea Annamaria Altomare, gastroenterologa del Policlinico Universitario Campus Bio-medico - aprono la strada alla possibilità di utilizzare in futuro questa molecola per la realizzazione di nuove opportunità terapeutiche da affiancare alle tradizionali cure farmacologiche anti-infiammatorie attualmente usate nel trattamento delle patologie infiammatorie intestinali acute e croniche".
(Com/Dire)