(DIRE) Roma, 30 gen. - E' un'innovativa tecnica di chirurgia oncologica radioguidata, che utilizza al posto della radiazione gamma (cioe' i fotoni oggi comunemente impiegati) la radiazione beta (cioe' gli elettroni). A realizzarla e' stato l'Istituto nazionale di Fisica Nucleare (Infn) dell'Universita' Sapienza di Roma, in collaborazione con il 'Centro Fermi', l'Istituto italiano di tecnologia (Iit), l'Istituto Neurologico 'Carlo Besta' e l'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo). Lo studio e' stato pubblicato sulla rivista 'The Journal of Nuclear Medicine'.
La chirurgia radioguidata e' una tecnica, spiegano i ricercatori, "che mira all'identificazione di residui tumorali, per permettere una completa resezione in sede operatoria. Si inietta una sostanza radioattiva (un radiofarmaco) che si lega preferenzialmente alle cellule tumorali, attendendo che il farmaco sia metabolizzato". Poi, durante l'operazione per l'asporto del tumore "si usa un dispositivo (sonda) in grado di rivelare la radiazione per verificare tessuti su cui si ha il dubbio se siano tumorali o meno". Alla fine della resezione, sempre durante l'operazione, "si puo' usare la stessa sonda per verificare se siano rimasti residui".
Ma "il vero vantaggio di tecnica", spiega Riccardo Faccini, professore dell'Universita' Sapienza associato all'Infn, "e' che la scarsa penetrazione degli elettroni nei tessuti evita il problema della contaminazione da parte di organi sani captanti, limitando significativamente la radioattivita' assorbita dal personale medico". Una novita', questa, visto che le tecniche di chirurgia radioguidata adottate fino ad oggi "hanno fatto tutte uso di radiofarmaci che emettono raggi gamma. Raggi il cui potere penetrante comporta pero' che, se c'e' un organo fortemente captante in prossimita' del tumore- conclude Faccini- esso emette un segnale che oscura qualunque segnale proveniente dai residui tumorali".
(Com/Cds/ Dire)