(DIRE) Roma, 9 dic. - "Se il ministero vuole chiudere l'Ime, basta che faccia un semplice decreto di scioglimento. Ma la sensazione è che le cose non siano chiare: io e il direttore generale, prima dell'ultima riunione ufficiale, abbiamo incontrato il ministro della Salute per un colloquio, durante il quale lei ci aveva espresso il suo apprezzamento per l'attività di cooperazione internazionale. Lorenzin mi aveva persino definito una sorta di 'Gino Strada istituzionale'. Da quell'incontro, insomma, mi era parso di capire che si salvasse almeno quella parte legata alla cooperazione internazionale alla salute, nell'ambito di un accordo tra ministero e Regione Lazio. Ma ora mi pare che non si parli neppure più di questo". Così Aldo Morrone, ex presidente dell'Ime (Istituto Ematologico del Mediterraneo), intervistato dalla Dire in merito alla situazione dell'istituto specializzato in trapianti ai bambini talassemici, fino allo scorso agosto alloggiato all'interno dell'Università romana di Tor Vergata.
"Il motivo per cui si vuole sciogliere l'Istituto- prosegue- lo abbiamo capito, ma vorremmo che lo dicessero in maniera chiara una volta per tutte. Ci domandiamo anche a cosa sia servito averci chiesto di creare una sorta di 'Ime 2.0', trasformandolo in un'agenzia praticamente a costo zero. Si poteva chiudere un anno fa, allora, senza bisogno di cambiare il suo statuto. A questo punto vorremmo almeno che si dicesse ai pazienti, ma anche ai lavoratori, qual è il loro futuro. Il governo certamente può fare quello che vuole, ma se fosse più trasparente sarebbe senz'altro meglio". Il nuovo statuto, che avrebbe rilanciato l'attività con modifiche che ne avrebbero ridotto i costi, racconta ancora Morrone, "ci era stato consegnato direttamente dal direttore generale della Programmazione del ministero, il dottor Botti, e dal segretario generale della Regione Lazio, il dottor Tardiola".
Spiega alla Dire l'ex presidente dell'Ime: "Loro ci avevano detto che quello era il nuovo statuto per rilanciare l'attività. A maggio quindi lo abbiamo approvato ed abbiamo aspettato che fosse nominato il nuovo direttore generale, dopo aver cancellato la figura del presidente, da me rappresentato, questo perché ci sarebbe stato un risparmio di risorse". In poche parole, l'Ime avrebbe dovuto eliminare tutte le figure tranne il direttore generale, svolgendo così "sempre di più un'attività di trasferimento di know-how all'estero- fa sapere Morrone- e soprattutto si sarebbe organizzato per una sanità transfrontaliera, facendo venire in Italia i pazienti dei 28 Paesi dell'Unione Europea a curarsi, pubblicizzando in questo modo i migliori centri di attività clinica e scientifica di tutte le regioni italiane".
In più, ci sarebbe stata una presenza dell'Istituto nelle zone di guerra "per un'attività di cooperazione sanitaria istituzionale del ministero della Salute, condivisa anche dalla Regione Lazio. Peraltro- sottolinea- ero stato chiamato proprio io a svolgere questo compito. Abbiamo lavorato in questo senso, quindi, dall'ottobre/novembre dello scorso anno fino a maggio 2015, per l'approvazione dello statuto e per il cambiamento dell'Istituto, che ricordo era stato di concerto tra ministero e Regione". A settembre, invece, per l'Ime è arrivata una lettera con comunicazione di sfratto esecutivo da parte del Policlinico di Tor Vergata. "Nella lettera- spiega all'Agenzia Dire l'ex presidente dell'Ime- c'era scritto che ci sfrattavano perché avevano necessità di posti. Lo stesso Policlinico, però, aveva poi accettato una mediazione: il 50% degli spazi sarebbero stati i loro, l'altro 50% poteva invece rimanere a noi".
Quanto al debito pregresso dell'Istituto, secondo Morrone "pari a 5,4 milioni di euro", l'Ime per sanarlo aveva proposto al ministero "un pagamento di 100mila euro al mese. Siccome che alcuni dei trapiantati pagavano di tasca loro il trapianto- spiega- c'era stata quindi questa proposta da parte nostra. Per tutta risposta, però, c'è stata una riunione lo scorso 18 novembre, mentre mentre mi trovavo in Africa per un convegno da me organizzato un anno prima, che si è rapidamente sciolta comunicando ai presenti che l'Ime andava comunque chiuso perché non c'erano i finanziamenti". Nel frattempo, al Senato è stato presentato un emendamento "da 15 milioni per l'Istituto, che portava la firma del sottosegretario all'Economia, l'on. Baretta. Finanziamento, questo, approvato dal ministero dell'Economia ma poi bocciato".
Ora, le domanda che Morrone pone alle istituzioni, in rappresentanza di tutto l'Istituto, sono queste: "Volete cancellare l'Ime, benissimo. Ma perché perdere un anno per cambiare lo statuto e affidargli una nuova mission, che ovviamente costava molto meno rispetto ai trapianti? Secondo: il personale dell'Ime, composto da circa 70 dipendenti, in gran parte medici, tecnici, biologi, genetisti e clinici esperti in trapianti, essendo tutti con il contratto di sanità privata, avranno una garanzia dei livelli occupazionali? E ancora: il nostro laboratorio di immunogenetica, che fa test per tutti i trapianti di Roma, tra cui il Bambino Gesù e l'Ifo, avrà una continuità? Il personale vorrebbe saperlo, perché per lui si preannuncia un terribile Natale. Tutto qua. Ma nessuno- conclude Morrone- risponde a queste domande".
(Cds/ Dire)