Roma, 29 apr. - Dopo la richiesta alla Regione Lazio di un incontro urgente per affrontare le criticità del "See And Treat", il Presidente Roberto Lala ha scritto anche alla Presidente della FNOMCEO, Roberta Chersevani, e a tutti gli altri Ordini provinciali, auspicando un chiarimento a livello istituzionale e legislativo promosso dalla Federazione.
"La nostra doverosa preoccupazione per la salute dei cittadini - scrive Lala - è stata pretestuosamente tradotta in una difesa sic et simpliciter della categoria e delle sue asserite "rendite di posizione", giudicata addirittura "antistorica" dall'IPASVI regionale, con tanto di pronta sponda nazionale da parte dello stesso Collegio. Una distorsione della realtà e delle intenzioni, francamente inaccettabile. E' evidente che questa vicenda, insieme all'ambiguo contenuto del comma 566 della Legge di Stabilità ripropone con forza e urgenza il tema del ruolo del medico.
Per il Presidente dell'OMCeO Roma, il grave snaturamento del percorso diagnosi-terapia-dimissione compiuto con il "See and Treat" nel Lazio è emblematico per l'intero contesto sanitario nazionale e foriero di repliche su vasta scala. "E' per tale motivo - si legge nella lettera - che ritengo indispensabile anche una precisa presa di posizione da parte della Federazione sul tema complessivo delle competenze, con un incisivo intervento presso le sedi istituzionali e, possibilmente, con un supporto di comunicazione all'opinione pubblica. Come è auspicabile una presa di posizione omogenea e univoca di tutti gli Ordini provinciali di fronte alla prospettiva o alla concretizzazione di casi analoghi".
Lala precisa poi che "Al di là dell'esito che avrà il confronto richiesto alla Regione Lazio e delle valutazioni della Magistratura (eventualmente chiamata a pronunciarsi sulla legittimità o sulle conseguenze di atti compiuti sui pazienti nell'ambito del See&Treat), non si può continuare ad assistere passivamente all'erosione del diritto del cittadino a essere curato con la più completa preparazione e specializzazione professionale che soltanto una lunga formazione e un ineludibile incardinamento deontologico possono dare. Al contempo, non si può più accettare che sulla nostra categoria e sulle nostre teste ricadano continuamente responsabilità di ogni genere, persino quelle per decisioni, valutazioni e atti altrui".
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