Roma, 10 ott. - Articolo tratto da "La Repubblica". La Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla coppia i cui embrioni sono stati impiantati per errore in un'altra donna. Il ricorso è stato rigettato perchè la Corte ritiene che i ricorrenti non abbiano esaurito tutte le possibilità offerte dalla legislazione italiana per ottenere il riconoscimento di una violazione dei loro diritti.
La vicenda si riferisce a quanto avvenuto a Roma nei mesi scorsi e reso pubblico lo scorso aprile dopo la denuncia presentata alla Procura di Roma da una delle coppie sottoposte all'ospedale Pertini al percorso di fecondazione assistita lamentando un episodio di scambio di embrioni avvenuti nel laboratorio il 6 dicembre del 2013.
Nel ricorso presentato alla Corte di Strasburgo dalla coppia, indicata solo con le lettere X e Y, viene sostenuto che lo Stato italiano ha violato il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare protetto dall'articolo 8 della convenzione europea dei diritti umani perchè a causa di un errore di un ospedale pubblico i loro embrioni sono stati impiantati in un'altra donna. Inoltre, secondo i ricorrenti le leggi italiane non garantiscono la protezione del loro status di genitori biologici nonostante il test del Dna abbia dimostrato che il loro e quello dei gemelli, nati il 3 agosto, sia compatibile.
La Corte di Strasburgo ha però rigettato il ricorso, una decisione definitiva, per non esaurimento dei rimedi interni da parte della coppia. Secondo la convenzione europea dei diritti umani, prima di portare un ricorso a Strasburgo, i cittadini devono dare modo al proprio Stato di rimediare ai propri errori.
Nella fattispecie i giudici di Strasburgo affermano che i ricorrenti non hanno iniziato alcun procedimento civile o penale per far accertare le responsabilità dell'ospedale e del personale medico per quanto è accaduto e ottenere un riconoscimento del danno subito.
(Cds/ Dire)