Roma, 20 mar. - Ci sono sempre meno sbocchi per i professionisti della sanità, specie per infermieri e tecnici radiologi. Lo dice l'indagine Almalaurea 2014, riportata quest'oggi dal periodico di settore 'Doctor 33', che però per i medici non offre risultati altrettanto sensibili. Nelle professioni sanitarie, sono tutte o quasi in calo le percentuali di chi a un anno dalla laurea ha trovato lavoro, calcolate nel 2007 e nel 2012. Ma per tre professioni il calo è grave: ieri trovavano lavoro 94 infermieri su 100, a cinque anni di distanza ci riescono in 63; tra gli infermieri pediatrici il calo è dal 93 al 51%; e tra i tecnici di radiologia dal 93 al 41%, oggi trova lavoro meno della metà rispetto al 2007. Tra i medici, ancora a distanza di 5 anni quasi tutti sono specializzandi e il dato non è confrontabile. Ma in prospettiva cambia poco.
"Quando parliamo di specializzandi trattiamo ormai di 3500 medici avviati alla dipendenza (contro 5 mila e passa di due anni fa) su 10 mila immatricolati annui al corso di studi di Medicina. Nel complesso però, lo Stato sta disinvestendo su tutte le professioni sanitarie- afferma Luigi Conte, segretario della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e Odontoiatri, la quale ha di recente istituito un Osservatorio giovani-. Con la scusa che il personale pesa più delle altre voci sui bilanci, si blocca il turn-over, si mandano a casa i titolari di contratti atipici, s'incentiva il personale che costa meno ma non per valorizzarlo quanto per fare una sanità con meno professionisti. Che non ha domani: una ricerca su Lancet del 26 febbraio scorso, su 300 ospedali europei e 422 mila pazienti operati, evidenzia che nei 30 giorni successivi all'intervento la mortalità si riduce del 30% se ogni sei pazienti c'è almeno un infermiere. Con i tagli non si risponde alle esigenze della popolazione".
"E' il momento di dire chiaro che medici e infermieri sono indispensabili al Ssn- prosegue Conte- ed è altresì necessario fare chiarezza sui dati occupazionali e di demografia dei professionisti: oggi i nostri non combaciano con quelli del Ministero dell'Università e questi ultimi non combaciano con quelli del Ministero della Salute, ed altrettanto si può dire per i dati dei collegi infermieristici Ipasvi. Abbiamo bisogno di un organismo unico a livello nazionale che offra dati certi su cui calcolare i fabbisogni di professionisti della sanità. Inoltre va sostenuto il numero programmato a Medicina, sia perché gli sbocchi sono limitati sia perché dacché esiste l'indice di abbandono universitario è sceso dal 18-20% delle facoltà "aperte" a un lusinghiero 2% e si laurea nei canonici sei anni ben l'83% degli iscritti, dunque vanno avanti le migliori scommesse per questo Ssn".
(Cds/ Dire)