Roma, 10 mar. - Articolo tratto da "Repubblica". La sanità in convenzione è sull'orlo del crac. Dopo sette anni di 'cure' a base di Piani di rientro dal deficit, sono 26 su 51 gli ospedali privati a rischio default. Più della metà se il Patto per la Salute considererà insicuri quelli sotto i 60 letti. Non stanno meglio gli 81 centri di riabilitazione che gestiscono tutti o quasi i posti letto del settore (il 98%), le 17 'lungodegenze', che hanno in mano il 92% dell'accoglienza totale, né le residenze sanitarie assistite (Rsa) che ospitano 6mila anziani (il fabbisogno è più del doppio: 13mila). Su tutti aleggia l'insidia di tagli ad altri posti letto, 848 quelli annunciati nei Programmi operativi della Regione (dopo gli oltre 3mila eseguiti), dei quali 76 negli ospedali pubblici e 776 negli accreditati.
Traballa la sanità privata, dagli ospedali religiosi ai policlinici universitari, con i suoi 30mila addetti, oltre la metà di quelli del Servizio pubblico (51mila). Dopo i tagli imposti dal Piano di rientro e dalla 'spending review' (il decreto legge 95 del 2012), dal 2007 ai privati sono stati decurtati oltre 200 milioni di euro. "A questi", spiega Giuseppe Casolaro, tra i più attenti osservatori della politica sanitaria regionale, "vanno aggiunti oltre 250 milioni cancellati dopo i controlli della Regione su appropriatezza e congruità delle prestazioni".
Fino al 2008 tutto era possibile in assenza di controlli e tetti di spesa: i privati incassavano dalla Regione il totale del loro fatturato e questa non batteva ciglio. Con la sentenza del Consiglio di Stato e i pronunciamenti successivi, non ultimo quello della Corte costituzionale, la Regione è stata legittimata a definire i tetti di spesa per ogni centro accreditato, imponendo budget predefiniti che, se "sforati", non possono essere vantati crediti di sorta.
"Un'altra stretta verso i privati accreditati", ancora Casolaro, "si è consumata con la spending review di Monti, che ha prescritto un taglio dei budget dello 0,5% per il 2012, dell'1% per il 2013 e del 2% per il 2014". In totale una sforbiciata da oltre 80 milioni. Di più: dal 2008 alla fine del 2015 gli ospedali accreditati (case di cura, classificatireligiosi, istituti scientifici di ricovero, policlinici universitari), le Rsa, i centri per la riabilitazione e quelli per la lungodegenza avranno subito una riduzione di risorse da parte della Regione per altri 60 milioni di euro.
La capacità dei privati di drenare risorse dal Servizio sanitario, nel 2012 si è attestata a 2,7 miliardi all'anno, il 23% della spesa sanitaria regionale (11,6 miliardi). Intanto si sono consumati il fallimento prima dell'amministrazione straordinaria all'Idi, la crisi, con concordato preventivo al seguito, al Cristo Re (prima dell'ingresso dell'Icot), il cambio di gestione al Regina Apostolorum (dove i dipendenti non riscuotono lo stipendio da più di tre mesi ed è a rischio l'accreditamento). Ora altri ospedali "storici" sono sull'orlo del baratro. Il Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina ha dichiarato "esuberi" per oltre 200 dei 930 addetti e debiti per 270 milioni. E sono molti i centri che, già in concordato preventivo, hanno un futuro nero, con più di 2mila dipendenti in cassa integrazione (altri 500 hanno perso il lavoro dal 2012 a oggi). "I trasferimenti dalla Regione sono diminuiti", conclude Casolaro, "ma a causare la crisi ha concorso qua e là anche l'incapacità gestionale".
(Cds/ Dire)