Roma, 10 mar. - "Per un business indecente hanno ucciso mio marito: la vista è vita. E ora chi paga? La multa non serve. Devono trovare chi ha ideato questo accordo indegno sulla pelle dei malati e chi gli ha permesso di metterlo in pratica: Aifa e ministero della Salute". Tiziana è una moglie coraggio. Ha lottato come una tigre per evitare che l'effetto perverso dell'accordo di cartello tra Roche e Novartis, per il quale il pm Raffaele Guariniello procede per associazione per delinquere e disastro doloso, facesse perdere a suo marito le poche diottrie che il diabete gli aveva lasciato. Invano.
Perché lancia quest'accusa gravissima? "Perché mio marito, con una maculopatia dovuta al diabete, tre anni fa, a 56 anni, è stato lasciato senza cure per mesi, quando improvvisamente, contro la volontà degli oculisti, è stato bloccato tutto".
Bloccato cosa? "In ospedale non potevamo più avere l'Avastin, perché l'Aifa aveva detto che c'erano stati problemi, ma non potevamo ancora avere il Lucentis. Me lo ricordo il momento che ce lo comunicarono. Era un periodo così felice. Avevamo girato tanto per trovare una cura. Lui continuava a perdere la vista.
Era arrivato a 6 e 4 diottrie. Nessuno capiva nulla. Ci dicevano che sarebbe doventato cieco. A 56 anni. Poi lessi su Internet del centro maculopatie del reparto oculistica del professor Romolo Appolloni, al Sant'Eugenio di Roma: un'equipe fantastica. Provò l'Avastin. Funzionava. La perdita di diottrie si arrestò. E lui una sera mi disse che distingueva le verdure nel piatto. Per noi era un miracolo. Ma il giorno dopo ci dissero che c'era questa contestazione sull'Avastin, nato come farmaco oncologico, e che dovevamo usare il Lucentis, ma la Regione ancora non lo passava perché troppo costoso. Non capivamo più nulla. Lo aveva fatto fino ad allora. Era stato una cavia? Perché non ce l'avevano detto? E cosa potevamo fare?".
Tiziana le provò tutte. Andò dall'assessore alla Regione Lazio: "Mi fecero lasciare una lettera, nessuno richiamò". Al ministero: "Scrissi anche al ministro. Niente". E l'Aifa? "Fu la cosa più grave. Mi risposero che bisognava usare il Lucentis, ma che la Regione Lazio non aveva soldi per garantirlo a tutti.
E quindi avrebbero verificato la necessità in base all'età. Capito? Se uno aveva 80 anni poteva pure diventare cieco. Ma comunque tutti restammo bloccati. In ospedale c'era anche un bambino con meno di 14 anni. Lo hanno condannato alla cecità. Per cosa? Per tutelare la salute, dicevano. Ora abbiamo scoperto che era ben altro. Migliaia sono diventati invalidi al 100 per cento come mio marito. Lo Stato li ha resi invalidi". Perché non usaste il Lucentis in clinica? "Iniziò un business schifoso: chi ci chiedeva 2 mila euro a fiala, chi 3 mila. Lui doveva farne una ogni 15 giorni. Io guadagno 1.400 euro al mese".
Il direttore generale dell'Aifa, Luca Pani, dice che i medici avrebbero potuto dare l'Avastin. "Non è vero. Medici e infermieri sono gli unici che ci hanno sostenuto anche psicologicamente e che ci hanno spiegato l'accaduto. Gli altri stavano tutti zitti. Ma chi poteva continuare a prendersi la responsabilità di dare un farmaco che proprio lui diceva di non usare perché pericoloso? Non me la sarei sentita nemmeno io per mio marito. Ma nessuno ci dette nemmeno la possibilità di firmare". Lui peggiorò.
Cadde in depressione. Poi la notizia dell'accordo: "Mio marito non ha mai detto parolacce, ma ne ha detta una molto grossa: 'Figli di...'. La multa (che è un quarto di quanto hanno guadagnato), non basta. Si sa che quello dei farmaci è un business. Ma tutti quelli, superpagati, all'Aifa e al ministero perché non hanno controllato? Non si scherza sulla salute. Due giorni fa è nata la nostra nipotina. A mio marito, ora ricoverato, ho portato le foto sull'Ipad. Ho cercato di ingrandirle, di mettere massima luminosità. Ma lui mi continuava a chiedere: 'Com'è?'. Non la vede. Non riuscirà più a vederla".
(Cds/ Dire)