Roma, 10 mar. - Omicidio colposo. È questa l'ipotesi di reato formulata dai pm che indagano sulla morte di Danilo Orlandi, il detenuto di 31 anni morto il 1 giugno scorso nella sua cella dopo essere stato arrestato a gennaio per resistenza a pubblico ufficiale. Sarebbe uscito di prigione pochi giorni dopo. Invece da Rebibbia è uscito in una bara, lasciando una moglie disoccupata e una bambina di 9 anni senza papà. Ad otto mesi dalla morte, la Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e a giorni potrebbero esserci le prime iscrizioni nel registro degli indagati.
Nel mirino del pm Mario Ardigò i medici dell'istituto penitenziario che non avrebbero né diagnosticato né curato una polmonite bilaterale massiva che ha ucciso il giovane. Il diario clinico del detenuto, in possesso degli inquirenti, riporta le annotazioni mediche quotidiane degli ultimi giorni di vita di Danilo. Dal 26 maggio, quando è entrato in stato di isolamento disciplinare, fino all'alba del 1 giugno, quando è stato dichiarato il decesso. Ma manca un giorno, quello prima della morte, il 31 maggio. Giorno in cui la madre del ragazzo, Maria Brito, aveva visitato il figlio trovandolo "pallido, febbricitante e gravemente debilitato". Eppure tutti i bollettini medici degli ultimi giorni di vita di Danilo parlano sempre di "nessun fatto acuto da riferire".
Farmaci sbagliati. La perizia che la Procura ha richiesto a giugno al professor Costantino Ciallella della Sapienza ha messo nero su bianco che la morte del ragazzo è avvenuta per colpa di una "polmonite bilaterale massiva", cioè grave, non diagnosticata. Nessun infarto accidentale, come inizialmente dichiarato dalle autorità carcerarie. Secondo il documento nonostante la serietà della malattia il ragazzo non sarebbe stato curato con farmaci adeguati. Il diario clinico del detenuto riporta le medicine che erano state somministrate a Danilo: si parla sempre di "Fans" ovvero di prodotti anti-infiammatori o analgesici, come Aulin, Ketoprofene e Randitina. Oppure di Augmentin. Niente di specifico per curare una forma grave di polmonite.
Restano da chiarire anche le condizioni in cui è morto il ragazzo. Se da solo "in cella di isolamento", come si legge nella perizia della Procura, oppure come ora sostiene l'istituto penitenziario, in una camera comune con altri due reclusi. Perché ora le autorità carcerarie affermano che la condizione di "isolato disciplinare", riportata più volte nel diario clinico, in questo caso sia stata scontata insieme ad altri detenuti in una camera comune, con un'unica direttiva: l'esenzione dalle attività in comune. Versione che non convince la famiglia del ragazzo. E che parrebbe smentita dalla stessa perizia della Procura.
La famiglia. Il pm ha fissato per venerdì prossimo a Piazzale Clodio l'esame del padre di Danilo, un ex operaio invalido che non si rassegna e chiede giustizia. "Mio figlio è stato lasciato morire- dice l'uomo, Paolo Orlandi-. Ma combatterò. Lo faccio per la mia nipotina, almeno lei deve avere giustizia". Nei giorni scorsi il padre di Danilo si era recato proprio in Procura per parlare con il magistrato che si occupa del caso e nell'attesa è stato colto da un malore. Per rianimarlo é dovuto intervenire anche il medico di turno a Palazzo di giustizia. Con lui c'erano anche degli amici di Danilo: "Ma si può morire di polmonite in piena estate dentro un carcere senza che nessuno si accorga di nulla? Danilo era un ragazzo e dopo pochi giorni sarebbe dovuto uscire. Non si può morire così". Il legale della famiglia Stefano Maccioni, da parte sua, si augura che le "indagini vengano chiuse quanto prima per poter celebrare un processo che faccia luce sulle responsabilità della morte di questo ragazzo".
(Cds/ Dire)