(DIRE) Roma, 21 feb. - I medici in Italia lavorano troppo. È per questa ragione che la Commissione europea ha deciso di deferire il nostro Paese alla Corte di Giustizia dell'Ue, per non aver applicato correttamente la direttiva sull'orario di lavoro ai camici bianchi operanti nel servizio sanitario pubblico. Una notizia, questa, che non stupisce il presidente dell'Ordine dei Medici di Roma, Roberto Lala, interpellato dalla Dire sull'argomento. "Non è una novità- dice- che in Italia non vengano ottemprate tutte quelle che sono le indicazioni che vengono dalla Comunità Europea quando si parla di riposo giornaliero o settimanale".
"Con i turni massacranti che vengono fatti all'interno delle strutture pubbliche- prosegue Lala- credo che lo stress sia quasi naturale che avvenga. Ad uno stress dato dallo stato di tensione legato all'attività che viene svolta in questo periodo, poi, si lega anche quello causato dall'eccessivo orario lavorativo che viene espletato quotidianamente".
Attualmente la normativa nazionale priva gli specialisti del loro diritto a un limite nell'orario lavorativo settimanale e a un minimo di periodi di riposo giornalieri. La direttiva prevede in particolare il limite di 48 ore per l'orario lavorativo settimanale medio e il diritto a periodi minimi giornalieri di riposo di 11 ore consecutive. Secondo le norme italiane, però, questi limiti non si applicano ai dirigenti operanti nel servizio sanitario nazionale.
Gravi le conseguenze di questa situazione, rischiosa soprattutto perché ad essere in gioco è la sicurezza stessa dei pazienti. "I rischi sono gravissimi- sottolinea ancora il presidente dell'Ordine dei Medici di Roma- quando si lavora per così tante ore di fila, superando le 48 ore di attività prevista, senza avere la possibilità di riposarsi, io credo che la soglia di lucidità sicuramente si abbassi. E questo può intervenire in modo estremamente grave sulla diagnosi, che oggi non viene fatta da un sistema strumentale informatizzato, ma da un cervello umano che per poter funzionare al meglio deve essere lucido e coerente con tutto ciò che ha attorno".
Il nocciolo del problema rimane sempre lo stesso: a causare il mancato rispetto degli orari del lavoro, infatti, è la carenza di personale che obbliga i medici ad allungare i turni. "Se volessimo applicare delle norme umane sull'attività lavorativa- spiega Lala- dovremmo chiudere i pronto soccorso. Il problema però non può essere riversato sulle spalle di chi lavora o, ancora più grave, sulle spalle dei malati. Se un operaio di un'impresa edìle lavora per più ore, per fare un esempio, il danno tutt'al più lo può fare a se stesso; ma quando si parla di tutela del diritto alla salute, credo che sia un dovere per le istituzioni trovare le soluzioni".
Quali? "Non voglio entrare nel merito- risponde il presidente Lala- perché non è compito mio stabilire certe cose. Ma una cosa è certa: il principio va rispettato e non si può più lavorare in queste condizioni".
(Cds/ Dire)