Roma, 19 mag. - Articolo tratto da "La Stampa". Si scrive "Patto per la salute" e si traduce in taglio degli ospedaletti e delle mini cliniche con meno di 60 posti letto, stop alla rimborsabilità delle prescrizioni "inappropriate", riforma dei ticket all'insegna del motto "pagare tutti per pagare meno", "case della salute" per garantire cure 24h nel territorio. Sono solo alcuni dei capitoli dell'accordo, già in larga misura nero su bianco, che ministero delle salute e Regioni si apprestano a sottoscrivere entro giugno.
Parole da imprimere in articoli e commi di un decreto che recepirà l'intesa destinata, secondo il ministro Lorenzin, a portare 10 miliardi di risparmi in tre anni, da reinvestire in ricerca e riammodernamento dei nostri ospedali. I tempi sarebbero stati ancora più rapidi se il Tesoro non avesse tirato il freno proprio questi giorni, preoccupato dell'allentamento dei vincoli per le Regioni in piano di rientro, da troppi anni condizionate da tagli che stanno compromettendo la loro capacità di garantire i livelli essenziali di assistenza. E poi c'è da sciogliere il nodo delle risorse.
Il Patto prevede di arrivare dagli attuali 109,9 miliardi del fondo sanitario ai 115,4 del 2016. Meno di quanto previsto inizialmente perché le risorse devono seguire l'andamento lento del Pil. Ma le scelte di fondo sono già in una bozza che abbiamo potuto visionare e che siamo in grado di anticipare nelle sue linee essenziali.
Mini strutture addio. L'asticella si è abbassata da 120 a 60 posti letto. Sotto questa soglia gli ospedali dovranno essere riconvertiti in strutture per l'assistenza nel territorio e la riabilitazione, mentre le clinichette, salvo quelle mono specialistiche, dovranno riaccorparsi fino a raggiungere la dotazione di almeno 100 letti o chiudere i battenti. Ma gradualmente, per evitare contraccolpi negativi sul piano occupazionale. Sulla carta a rischio sarebbero 192 strutture private, anche se, alla fine, a chiudere i battenti saranno la metà. Nel pubblico, invece, sono 72 gli ospedaletti nella "black list" che è possibile stilare dai dati del ministero della salute. In totale oltre 2800 posti letto da trasformare in assistenza sul territorio. Anche perché, statistiche alla mano, ospedali o cliniche troppo piccoli significano più possibilità di incappare in errori sanitari.
Le inefficienze. Il "Piano esiti" del ministero fornisce la mappa dei reparti che trattano troppo pochi casi per essere sicuri o di quelli con risultati dal punto clinico insoddisfacenti. Per loro un tratto di penna rossa che vale circa 7mila posti letto.
Stop ai rimborsi facili. Per le prestazioni sanitarie più richieste e a maggior rischio di inappropriatezza delle linee guida diranno ai medici quando una cura o un accertamento saranno rimborsabili oppure no. Esempio: la Tac per un sospetto menisco dell'ultraottantenne no, per una sospetta lesione cerebrale sì.
Il decentramento. Le case della salute dovranno garantire assistenza 24h e accertamenti diagnostici meno complessi, ospitando team di medici di famiglia, specialisti e infermieri. Faranno da filtro al pronto soccorso. Se ne parla da molto ma ora diventano un vincolo per le Regioni.
I pagamenti. Metà degli italiani è esente dal ticket e sono quelli che consumano l'80% delle prestazioni sanitarie. In compenso chi li paga si svena per visite specialistiche e diagnostica, alle quali, per questo motivo, rinunciano ogni anno 6 milioni di italiani. Di qui l'idea, ancora da mettere nero su bianco, di ridurli drasticamente, rivedendo però le esenzioni, non più agganciate al reddito Irpef, che premia gli evasori, ma a quell'indicatore più reale della ricchezza che è l'Isee. Corretto in questo caso premiando chi ha più familiari a carico, anziani e malati cronici. Questi ultimi non sarebbero però più esentati se hanno un reddito Isee alto.
Agenzie Agenas e Aifa. Avranno entrambe più potere. L'Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas) controllerà il rispetto del Patto e l'andamento dei conti; quella del farmaco (l'Aifa) avrà più strumenti per evitare il ripetersi di truffe farmaceutiche a danno dei conti pubblici.
(Cds/ Dire)