Roma, 30 lug. - Si sta diffondendo con una rapidità e un'estensione senza precedenti e rischia di coinvolgere altri Paesi. L'epidemia di ebola che si è diffusa in Africa Occidentale si aggrava sempre di più, tanto da spingere il direttore delle operazioni di Medici senza frontiere, Bart Janssens, a lanciare, in un'intervista rilasciata a Libre belgique, un avvertimento: "Questa epidemia è senza precedenti, assolutamente fuori controllo e la situazione non fa che peggiorare, per cui si sta nuovamente estendendo, soprattutto in Liberia e Sierra Leone, con focolai molto importanti", ha detto. "Se la situazione non migliora abbastanza rapidamente, c'è il rischio reale di vedere nuovi Paesi colpiti", ha ammonito, spiegando che il rischio di contagio non si può escludere, anche se è difficile da prevedere l'entità, perché un'epidemia di questo tipo non si è mai vista.
Bilancio preoccupante. I dati relativi al virus non lasciano certo tranquilli: al momento i casi accertati sono almeno 1.201, con 672 decessi dall'inizio dell'anno in Guinea, Liberia e Sierra Leone. E ieri è deceduto il medico "eroe" della lotta al virus, il dottor Omar Khan.
Precauzioni e paure. La preoccupazione per la diffusione del virus ha spinto il governo della Sierra Leone ad adottare misure per limitare il contagio: chiusi teatri, cinema e bar e rinviati a fine agosto gli esami pubblici di terza media previsti a luglio. "La tensione comincia a sentirsi anche qui a Freetown", ha raccontato Nicola Orsini, da anni impegnato in Sierra Leone per la Ong italiana Fondazione Avsi, sull'epidemia di ebola che ha raggiunto la capitale dopo che sembrava che i contagi fossero circoscritti alle regioni orientali di Kenema e Kailahun.
Da giugno il governo e la società civile hanno rafforzato le misure di prevenzione per fermare il contagio: oltre ai checkpoint per circoscrivere l'epidemia, i centri sanitari dedicati, sono i luoghi pubblici a essere stati oggetto delle misure precauzionali più severe. Nei supermercati i gestori invitano tutti i clienti a lavarsi le mani con acqua e cloro, l'unica sostanza in grado di uccidere il virus, messa a disposizione agli ingressi. Nelle chiese, durante le messe, sempre affollate in un paese con il 15% della popolazione cristiana, non ci si stringe più la mano: lo scambio di pace è stato sostituito da un inchino con la mano destra sul cuore, e il sacerdote dà l'eucarestia nelle mani e non più direttamente in bocca. Abitudini costrette a cambiare, segnali piccoli, ma che amplificano il senso di paura tra la popolazione.
In Sierra Leone rimane però la diffidenza della popolazione a farsi curare dai centri nazionali, riporta l'ong Avsi. Sono ancora in molti a evitare di prendere contatto con i medici in caso di sintomi della malattia, a fuggire dagli ospedali non appena la diagnosi è confermata, a nascondere le persone infette nelle case e nei villaggi, aumentando così il rischio di contagio e la diffusione della malattia. Inoltre, nella mentalità delle popolazioni rurali gli ospedali sono spesso percepiti come luoghi di morte e non di cura e dunque si preferisce far curare i propri cari dallo "stregone" locale.
È forse a partire da queste credenze che in alcune aree si è diffusa la voce che addirittura l'ebola non esista e che sia solo un'invenzione del governo per far fuori oppositori politici e per attrarre i finanziamenti internazionali.
(Cds/ Dire)