Roma, 29 gen. - Una aspettativa di vita di almeno 10 anni in meno rispetto alla media nazionale. Malattie cardiovascolari, infezioni sia per le vie respiratorie che sulla pelle per motivi igienici e scarsa prevenzione, ma soprattutto emarginazione, ghettizzazione e pregiudizi duri a morire. Ecco, in sintesi le malattie ed i mali di cui sono vittime i circa 15 mila rom presenti a Roma (150 mila in tutta Italia), almeno la metà sono stranieri, sebbene gran parte di essi risieda sul territorio nazionale da più generazioni.
È quanto emerge da uno studio 'SaluteRom. Itinerari possibili' illustrato oggi dalla Caritas diocesana di Roma in un convegno nazionale. Presenti medici, volontari, operatori sanitari e, naturalmente, rappresentati delle varie etnie rom che risiedono nella Capitale e nel resto del Paese. Un incontro di conoscenza reciproca e di denunzia per le condizioni socio-sanitarie in cui versano i rom, i quali, arrivano in genere in Italia da diversi paesi d'Europa, ma che in realtà- è stato specificato al convegno- non possono essere considerati 'nomadi' nel senso classico del termine, in quanto le ragioni del loro arrivo nelle nostre città, a partire da Roma, sono assimilabili ai fenomeni migratori per motivi umanitari ed economici tipici degli immigrati che scappano da guerre, malattie e carestie. Tuttavia, di fronte alla situazione di vita spesso in condizioni di grave disagio in cui è costretto a vivere il popolo dei 'figli del vento' (romantica espressione con cui in genere si indicano i rom), le amministrazioni locali e le politiche sociali- denunzia la Caritas romana- continuano a tergiversare o a proporre soluzioni che non rispondono ai loro bisogni reali, concentrandosi sull'allestimento di 'campi nomadi' o sugli sgomberi di quelli abusivi. Il convegno dal titolo 'La salute dei rom: disuguaglianze vissute, equità rivendicata', è sostanzialmente una giornata di riflessione sulla salute dei gruppi rom che vivono in condizione di disagio socio-abitativo e sulle metodologie di intervento e di promozione sanitaria.
L'incontro, che vede riuniti oltre 200 medici e operatori socio-sanitari di tutte le regioni italiane, è stato aperto dal saluto del cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la Diocesi di Roma, dal direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu, dal presidente della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, Mario Affronti, e dal direttore della Caritas di Roma, monsignor Enrico Feroci. Il libro, frutto di un'analisi condotta dalla Caritas romana nell'ambito del progetto promosso dal 'Tavolo Rom e Sinti' di Caritas Italiana, denuncia la 'miopia' delle politiche finora condotte per i rom che hanno alimentato il già drammatico contesto di ghettizzazione ed emarginazione che questa etnia vive a causa dei pregiudizi e degli stereotipi negativi associati alla figura dello 'zingaro', rendendo i processi virtuosi di integrazione un miraggio che sembra allontanarsi ogni giorno di più.
Allarmanti i dati disponibili in materie di salute e prevenzione di questi gruppi: un'aspettativa di vita di almeno 10 anni inferiore a quella di tutta la popolazione; alti tassi di 'morbilità' soprattutto nell'ambito delle patologie cardiovascolari, metaboliche ed osteoarticolari e diffusione di infezioni delle vie respiratorie e parassitosi intestinali, con un tasso, per i bambini rom che vivono nei campi, proporzionale al tempo trascorso in simili condizioni alloggiative. Una situazione che si riflette sull'accesso ai servizi sanitari e sull'uso che i rom ne fanno, caratterizzato da abuso del pronto soccorso, diagnosi tardive, interruzione delle terapie, percorsi assistenziali discontinui e frammentari, aspetti che inducono a riflettere sulla capacità del sistema sanitario di accogliere le fasce di popolazione più vulnerabili e garantire loro le cure necessarie. Non solo per la mancanza di risorse economiche, ma anche per forme dirette e indirette di discriminazione nell'accesso ai servizi.
"La Caritas di Roma, con i servizi sanitari, e non solo, è da 25 anni impegnata nella tutela della salute dei rom. L'obiettivo finale della nostra solidarietà- ha spiegato il direttore della Caritas romana, monsignor Enrico Feroci- è sempre stato di aiutare il popolo rom per portarlo, con le proprie forze, ad essere artefice del proprio destino. Destino che, siamo sempre più convinti, il rom non potrà costruire da solo, nella separazione dalla società ospitante, bensì nel dialogo, nella compartecipazione e corresponsabilità con la società gagè".
Monsignor Feroci, ha sottolineato inoltre che "il lavoro per la promozione della salute che la Caritas porta avanti con tenacia e fedeltà si configura come paradigma di questo impegno: a partire dalla tutela di un diritto fondamentale, si costruiscono accoglienza, reti, solidarietà, dialogo, collaborazioni".
(Cds/ Dire)