Roma, 10 gen. - Il rapporto. Un numero di cellule staminali appena sufficienti per i topi, non certo abbastanza per essere impiantate negli esseri umani. A scrivere un nuovo capitolo nella storia infinita di Stamina sono i documenti del Comitato scientifico del ministero della Salute sul metodo di Davide Vannoni, che promette una terapia con le staminali per guarire da terribili malattie degenerative. Secondo la relazione, infatti, la quantità di cellule staminali mesenchimali indicata nel protocollo Stamina equivale a quella che viene utilizzata nei trapianti nel topo e non nell'uomo.
I risultati. "La metodica Stamina è molto particolare e il fatto che siano considerate dosi da topo è da discutere, dipende dalla tipologia delle cellule, ma i nostri pazienti migliorano", ribatte Vannoni. Ma c'è di più: dal protocollo viene fuori che le cellule sono ottenute dalla prima coltura cellulare e senza ricorrere ai successivi passaggi seriali utilizzati normalmente nei laboratori per ottenere una quantità di cellule adatta al trapianto nell'uomo. Infatti normalmente la dose per i trapianti cellulari nell'uomo è di circa due milioni per chilogrammo di peso corporeo, mentre il protocollo Stamina prevede il trapianto di due milioni di cellule in totale, e l'adeguamento al peso del paziente non è indicato con una dose esatta. Intanto l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha diffidato gli Spedali Civili di Brescia dal trasferire i campioni di cellule trattate.
La diffida. Diversi ricercatori italiani e stranieri hanno fatto richiesta di poter analizzare il materiale biologico.
Alla richiesta di poter analizzare le cellule del direttore del Diabetes Research Institute di Miami, Camillo Ricordi, sono seguite negli ultimi giorni da altri tre professionisti italiani, senza contare quella firmata da un esperto del più importante laboratorio sulle cellule mesenchimali del National Health Institutes (Nih). Ma ieri è arrivato l'alt dell'Aifa: "Non si ravvisano i presupposti per l'affidamento delle attività oggetto di tali richieste". È un'odissea fatta di dolore, medici contrapposti e querelle tra giudici quella che la 'cura miracolosa' promessa da Vannoni ha innescato in tutto il Paese. Perché quella speranza di poter tornare a camminare, ad abbracciare i propri cari, la prospettiva di tornare a vivere un'esistenza piena è troppo forte e malati e parenti non vogliono rinunciarci. "Vogliamo assolutamente che sia fatta chiarezza, sia dal punto di vista giudiziario, sia da quello sanitario", ha assicurato ieri il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.
L'inchiesta. A giorni a Torino il pm Raffaele Guariniello chiuderà l'inchiesta che vede indagati Vannoni e altri professioni per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute. Le carte dell'inchiesta torinese, chiusa nel dicembre 2011 e poi riaperta, definiva le dosi infuse ai pazienti "omeopatiche" e sottolineava la pericolosità di una terapia non documentata e che "non rispetta la normativa vigente". Vannoni viene descritto come "animato dall'intento di trarre guadagni da pazienti senza speranza 'fortunatamente' in aumento".
Un'attività iniziata nel capoluogo piemontese nel 2006 con cure effettuate in "strutture palesemente inidonee" e "in scantinati". Per sfuggire ai controlli Vannoni si era anche spostato a San Marino. "La sua attività- scriveva il pm Guariniello- è dichiarata 'senza fini di lucro', 'umanitaria', 'compassionevole'. Di fatto però è volta a pretendere somme di denaro sino a 50mila euro a paziente".
(Cds/ Dire)