Roma, 27 feb. - Articolo tratto dal 'Sole 24 Ore'. Nel corso della visita preassuntiva il dipendente deve improntare il proprio comportamento a correttezza e buona fede, evitando di rendere al medico competente, nella speranza di venire assunto, dichiarazioni mendaci e gravemente reticenti in merito alla sussistenza di pregresse e/o attuali patologie.
In caso contrario, il datore di lavoro non viene messo nelle condizioni di valutare la compatibilità delle mansioni assegnate al lavoratore con il suo stato di salute e, pertanto, non può essere ritenuto responsabile dell'eventuale peggioramento di quest'ultimo.
Così ha deciso il Tribunale di Parma, con provvedimento del 7 febbraio 2014, rigettando un ricorso proposto da una dipendente che lamentava di essere stata assegnata a mansioni incompatibili con le proprie condizioni sanitarie e chiedeva, quindi, il risarcimento del conseguente danno biologico e morale. Nel caso di specie, la perizia espletata nel corso del giudizio ha evidenziato che la malattia sottaciuta dalla ricorrente durante la visita preassuntiva e della cui insorgenza la stessa riteneva responsabile il datore di lavoro (fibrosi cistica) era, invece, genetica.
In relazione alla predetta perizia, la dipendente aveva, altresì, lamentato la pretesa violazione del principio del contraddittorio, in quanto le operazioni peritali erano state condotte dal CTU in assenza del suo CTP, in quel momento impegnato all'estero. Peraltro, il Tribunale di Parma ha ritenuto infondata anche tale doglianza, evidenziando che il CTU, nel calendarizzare le operazioni peritali, è tenuto unicamente a darne comunicazione alle parti, ma non ad assecondare le loro richieste di differimento delle medesime, salvo che dette istanze siano motivate da un legittimo impedimento, che deve, in ogni caso, essere rigorosamente documentato.
(Cds/ Dire)