(DIRE) Roma, 10 feb. - Una situazione paradossale o, quantomeno, bizzarra. I medici in pensione, che continuano a svolgere attività libero professionale, devono versare all'Enpam (Ente nazionale di Previdenza e di Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri) un contributo più alto della pensione che ricevono. La questione è nata qualche anno fa con la riforma Fornero, in particolare con la legge 111/2011, che prevedeva che i medici dipendenti pubblici, o dipendenti di strutture pubbliche o parastatali versassero all'ente un contributo del 2,5%, ricevendo una pensione di circa 300/400 euro al mese. Ma non è finita qui: la legge, quest'anno, improvvisamente, ha cambiato i parametri e impone che chiunque in pensione faccia attività libero professionale aumenti il suo contributo al 6,25%. Percentuale, questa, destinata tra l'altro ad aumentare fino al 12%.
"Chi è in pensione è disincentivato a lavorare, perché sulla propria attività viene a gravare un'ulteriore tassazione destinata ad aumentare", dice Delfo Casolino, un medico di Bologna oggi in pensione, che spiega di parlare anche a nome di molti altri colleghi: "La tassazione- prosegue- crea una discriminazione fortissima dal momento che un libero professionista, già pensionato, deve pagare un contributo che andra' a finire nel calderone dei cosiddetti 'contributi di solidarietà', che servono a compensare i problemi dell'Enpam. Ma il vero paradosso è questo: il contributo che noi ex medici versiamo è notevolmente più alto per la maggior parte, anzi quasi per tutti, della pensione che si riceve. Insomma, lo Stato con una mano te la dà e con l'altra te la toglie".
Quanti medici si trovano in questa situazione? "Non lo sappiamo- risponde il medico- e anche questo è paradossale. Noi medici di Bologna siamo andati ad informarci presso il nostro Ordine, ma come ci aspettavamo si è tirato indietro. Per un semplice motivo: l'Ordine dei medici in realtà è nient'altro che un braccio istituzionale, che non puo' fare opposizione a se stesso. Allo stesso tempo, Ordine ed Enpam sono la stessa cosa, visto che il secondo e' la cassa mutua del primo".
"Se si volesse lavorare senza essere iscritti all'ordine, ovviamente continuando a pagare le tasse in maniera regolare, neppure questo sarebbe possibile. L'iscrizione- conclude sul punto Casolino- è praticamente obbligatoria. Si tratta insomma di un circolo vizioso, nel quale siamo costretti a pagare un surplus di tassazione".
Puntuale è arrivata la risposta dall'Ordine dei Medici di Bologna: "Non è vero che Enpam e Ordine sono la stessa cosa- risponde il presidente Giancarlo Pizza, interpellato dalla Dire- non gestiamo quel denaro e neppure siamo gli esattori: i soldi versati, infatti, vanno direttamente alla fondazione. Le funzioni dell'ordine sono solo quelle di gestire l'albo, le controversie tra i medici, e tra i medici e i cittadini. L'Ordine ha ancora il potere disciplinare sui medici, deve badare alla salvaguardia della salute e allo sviluppo delle attivita' assistenziali. Ma non è certo dell'Ordine- tiene a sottolineare Pizza- l'obbligo istituzionale di gestire un fondo di previdenza. Insomma, noi quei soldi neppure li vediamo".
L'Ordine in qualche maniera potrebbe venire incontro ad alcuni dei suoi iscritti che oggi sono scontenti? "L'Ordine non può fare niente- risponde il presidente-. La richiesta di fondi che i medici ricevono dal consiglio di amministrazione è un atto dovuto perché è un imperativo di legge: l'Enpam in questo caso subisce una imposizione del Parlamento che gli dice 'fatti dare piu' soldi e prendili!'. È questo quello che fa. Non è quindi una volontà del consiglio di amministrazione di farsi dare più soldi, ma costrizione dovuta da una legge dello Stato. Tra l'altro- prosegue- due settimane fa ho già ricevuto molti medici e ho spiegato bene loro che l'Ordine in questo caso non può intervenire perché è un organo periferico dello Stato, e l'Enpam del tutto incolpevole per quanto riguarda questa situazione".
Del tutto concorde, invece, sull'anomalia che vivono i medici in pensione: "Una persona che lavora- dice ancora il presidente dell'Ordine Pizza- mette da parte i soldi all'ente previdenziale, perché questo glieli restituisca quando va in pensione. Ora la riforma Fornero ha preteso che fosse messo in atto uno strano principio: su ciò che guadagna in attività libero professionale un medico paga le tasse, ma per quale motivo deve cacciare ancora dei quattrini che vanno nella previdenza? Dove gli vengono restituiti questi soldi, visto che lui è già in assistenza previdenziale? Questo è il problema. L'accusa che viene fatta è un'accusa quindi fondata- conclude- ma risale direttamente a una legge del Parlamento e ben poco ci possiamo fare".
(Cds/ Dire)