Roma, 7 feb. - Il 55 per cento delle persone diabetiche in Italia non controlla bene la sua malattia, il che significa che i suoi valori di emoglobina glicata (la spia che i livelli di zucchero nel sangue non sono ben regolati) superano il 7 per cento. ½Ma noi sappiamo che curare in modo inappropriato il diabete, e soprattutto in ritardo, mette il paziente a rischio di complicanze - ha ricordato Antonio Ceriello, Presidente dell'Associazione Medici Diabetologi (Amd) a Milano in occasione della presentazione di Nice, un programma di formazione per i diabetologi che ha l'obiettivo di migliorare la qualità delle cure (che comunque nel nostro Paese sono già di buon livello). - Se si interviene adeguatamente sin dal primo manifestarsi della malattia, è possibile ridurre l'insorgenza delle complicanze, soprattutto quelle cardiovascolari, addirittura del 40 per cento».
PASSI AVANTI - Secondo gli Annali di Amd il controllo della malattia, nella popolazione italiana, ha fatto passi avanti dal 2004 al 2011, perché si è ridotto del 7 per cento il numero di persone con valori di emoglobina glicata superiori a 7, ma occorre insistere sull'appropriatezza delle cure. ½Non sempre prescrivere in modo appropriato significa curare in modo appropriato - continua Ceriello. - Un esempio. Se prescrivo quattro iniezioni di insulina a un anziano che vive da solo, può essere un modo corretto, in linea teorica, per trattare il suo diabete, ma sul piano pratico il malato avrà difficoltà a seguire la cura. Un altro esempio: se un paziente, sempre anziano, ha l'emoglobina glicata nei limiti della norma, ma assume come terapia sulfaniluree, avrà gli zuccheri del sangue sotto controllo, ma può andare incontro a una crisi ipoglicemica (le sulfaniluree, infatti, rispetto ad altri antidiabetici comportano un maggiore rischio di calo improvviso della glicemia)». IL PROGETTO NICE - Da questo nasce il progetto Nice (Need is core of effectiveness: il bisogno è al centro dell'efficacia), appunto un programma di aggiornamento per i medici diabetologi che ha l'obiettivo di accrescere le loro competenze, di insegnare loro a gestire al meglio la malattia, tenendo soprattutto conto dei bisogni del paziente, e a porsi come interlocutori del sistema sanitario, in un momento in cui l'ottica prevalente è quella dei tagli della spesa sanitaria. ½Le malattie croniche - ha detto Nicoletta Musacchio, Vicepresidente di Amd - stanno diventando un problema economico di grande rilevanza (assorbono il 70 per cento delle risorse del sistema sanitario) e pongono una questione di equità, per quanto riguarda l'accesso alle cure, e di sostenibilità per chi queste cure le deve fornire. I professionisti, quindi devono cercare di far funzionare al meglio le cose, in nome dell'appropriatezza che significa: cura giusta al momento giusto per il paziente giusto». Senza sprechi. MEDICINA DI ACCOMPAGNAMENTO - In sanità non sarà più possibile dare tutto a tutti, ma l'obiettivo deve essere quello di fornire il meglio possibile al maggior numero di pazienti possibile. E la parola d'ordine, ripetiamo, è l'appropriatezza. Oggi si va sempre più verso una medicina di accompagnamento in cui il medico deve insegnare al paziente a diventare gestore della sua malattia.
½Una scelta terapeutica appropriata - commenta Roberta Assaloni, coordinatore Gruppo Appropriatezza dell'Amd - deve rispondere alle esigenze reali del paziente. Occorre scegliere il trattamento giusto in base alle linee guida, ma è indispensabile tenere conto del contesto sociale, culturale e assistenziale in cui il diabetico vive. Diverso è se tratto un paziente a casa o in ospedale, se ha vent'anni o ottanta, se vive da solo o con una badante».
ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI - Ecco perché il primo passo del trattamento è tracciare il profilo del paziente, identificando bisogni reali e fragilità complessive, il secondo è personalizzare gli obiettivi del compenso glicemico, valutando età, presenza di complicanze o di altre malattie, e l'ultimo è prescrivere la terapia tenendo conto del profilo metabolico della persona, del suo stile di vita, del contesto assistenziale, della sua tollerabilità ai farmaci, ottimizzando il rapporto rischi- benefici. E cercando anche di interagire con gli altri specialisti, primo fra tutti il medico di base, che ruotano attorno al paziente (cardiologo, nefrologo, oculista per citarne alcuni) e anche con le associazioni dei pazienti.
(Wel/ Dire)