Roma, 9 dic. - A fari ormai pressoché spenti sulla vicenda giunge una sentenza della Corte Costituzionale che riapre il caso Stamina. Lo spunto è venuto da un ricorso del Tribunale di Taranto che aveva posto lo questione di legittimità delle norme previste dal decreto Balduzzi laddove la somministrazione del trattamento Stamina veniva limitata solo a quei pazienti già in cura o ai quali il trattamento era già stato consentito da un giudice. Per il giudici napoletani ciò provocava un doppio binario discriminatorio nel diritto alle cure e così, nell'autorizzare un trattamento ex novo presso gli Spedali di Brescia, rimandavano comunque la questione alla Corte per verificare la legittimità della disciplina introdotta dal decreto Balduzzi.
La Corte ha depositato la propria decisione il 5 dicembre scorso decretando la legittimità del decreto ma soprattutto ribadendo alcuni concetti sui criteri che dovrebbero ispirare sempre le scelte e le decisioni terapeutiche. Scrive infatti la Corte che "decisioni sul merito delle scelte terapeutiche, in relazione alla loro appropriatezza, non potrebbero nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore, bensì dovrebbero prevedere l'elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali e sovra-nazionali - a ciò deputati, dato l'essenziale rilievo che a questi fini rivestono gli organi tecnico-scientifici".
"Inoltre - prosegue la Corte - la promozione di una sperimentazione clinica per testare l'efficacia, ed escludere collaterali effetti nocivi, di un nuovo farmaco non consente, di regola, di porre anticipatamente a carico di strutture pubbliche la somministrazione del farmaco medesimo: e ciò per evidenti motivi di tutela della salute, oltre che per esigenze di corretta utilizzazione e destinazione dei fondi e delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale".
"Nel caso in esame - sottolinea poi la Corte tornando al merito della sua decisione - il legislatore del 2013, nel dare corso ad una ½sperimentazione [à] concernente l'impiego di medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali», ha parzialmente derogato ai principi di cui sopra. Ma lo ha fatto intervenendo nella particolare situazione fattuale, innanzi ricordata, che vedeva, in concreto, già avviati trattamenti con cellule staminali per iniziativa di vari giudici che, in via cautelare, avevano ordinato a strutture pubbliche di effettuarli".
"In tale anomalo contesto - prosegue la Corte - il d.l. n. 24 del 2013, come convertito dalla legge n. 57 del 2013, privilegiando principi di continuità terapeutica ed esigenze di non interferenza con provvedimenti dell'autorità giudiziaria, ha quindi consentito la prosecuzione dei trattamenti con cellule staminali già "avviati" o già ordinati da singoli giudici".
Ma per i giudici sarebbe "Irragionevole l'estensione indiscriminata di siffatta, temporalmente circoscritta, deroga, che l'ordinanza di rimessione mira ad ottenere, facendo leva sugli evocati parametri costituzionali che, a torto, prospetta violati. Ciò senza considerare che, allo stato, la sussistenza delle condizioni per la prosecuzione della sperimentazione prevista dalla legge censurata risulta esclusa dal decreto del Ministero della salute adottato, sulla base della relazione dell'apposito comitato scientifico, il 4 novembre 2014, nelle more del presente giudizio".
"Le circostanze peculiari ed eccezionali - aggiunge la Corte - che hanno indotto il legislatore a non interrompere il trattamento con cellule staminali nei confronti dei pazienti che di fatto l'avevano già avviato, o per i quali un giudice aveva, comunque, già ordinato alla struttura pubblica di avviarlo, non ricorrono, dunque, nei riguardi di altri pazienti che quel trattamento successivamente chiedano che sia loro somministrato. In relazione a detti soggetti non trova, infatti, giustificazione una deroga al principio di doverosa cautela nella validazione e somministrazione di nuovi farmaci".
Per questi motivi sentenzia la Corte, si "esclude, sia che tra le due categorie di pazienti poste in comparazione sussista la violazione del precetto dell'eguaglianza ipotizzata dal rimettente, sia che possa prospettarsi leso il diritto alla salute o violato il dovere di solidarietà nei confronti dei pazienti per i quali non può darsi avvio presso strutture pubbliche al trattamento in questione dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 24 del 2013".
Ricorda infine la Corte, che "anche la Corte di Strasburgo ha, del resto, ritenuto che il diniego di accesso alla terapia secondo il metodo "Stamina" - deciso, nel caso al suo esame, da un giudice italiano in applicazione, appunto, del d.l. n. 24 del 2013, come convertito - persegue lo scopo legittimo di tutela della salute ed è proporzionato a tale obiettivo, né ha effetti discriminatori (sentenza 6 maggio 2014, su ricorso Durisotto contro l'Italia)".
Intanto, sulla sentenza, sono arrivati anche i commenti dell'Aifa: "L'Agenzia Italiana del Farmaco manifesta la propria soddisfazione nel leggere le argomentazioni della sentenza della Corte costituzionale che ha finalmente scritto la parola 'fine' alla vicenda tristemente nota come "Caso Stamina". Con la sua insindacabile decisione - scrivono oggi il presidente Sergio Pecorelli e il direttore generale Luca Pani - la Corte ha infatti ribadito quanto aveva già espresso sin dal tempo della questione "Di Bella" e successivamente ripetuto in ordine alla necessità che le scelte terapeutiche debbano essere preventivamente e scientificamente sperimentate e validate, come strenuamente sostenuto dall'AIFA. Si tratta di principi, che in questi ultimi due anni e mezzo dopo l'Ordinanza dell'AIFA del Maggio 2012, sembrava fossero stati dimenticati dai molti magistrati che hanno ordinato agli Spedali di Brescia di attivare dei trattamenti basati su un sedicente e segreto "metodo Stamina".
La Corte ribadisce che è solo dopo la verifica scientifica che produce il riconoscimento dell'efficacia e della validità di una cura o di un medicinale, secondo procedure regolatorie nazionali e internazionali, che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) può essere chiamato ad accollarsene il relativo costo.
Nella presente sentenza la Corte afferma ancora più chiaramente che 'l'elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite" debba essere effettuata 'tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali e sovra-nazionali - a ciò deputati, dato l'essenziale rilievo che a questi fini rivestono gli organi tecnico-scientifici" e non possano invece scaturire da scelte politiche del legislatore. La Consulta quindi ha riconosciuto in modo inequivoco l'essenzialità del ruolo delle istituzioni e degli organismi deputati allo svolgimento dei compiti istituzionali di carattere tecnico scientifico, tra cui l'AIFA e l'ISS, invitando il legislatore e, implicitamente i giudici, a non entrare in sfere che richiedono approfondimenti di natura scientifica con 'valutazioni di pura discrezionalità politica".
Inoltre, la promozione di una sperimentazione clinica per testare l'efficacia, ed escludere collaterali effetti nocivi, di un nuovo farmaco non consente, di regola, di porre anticipatamente a carico di strutture pubbliche la somministrazione del farmaco medesimo; ciò per evidenti motivi di tutela della salute, oltre che per esigenze di corretta utilizzazione e destinazione dei fondi e delle risorse a disposizione del SSN.
L'Agenzia, oltre a ricordare il proprio "infaticabile impegno in prima linea" finalizzato ad evitare l'impiego di questi trattamenti privi di ogni elemento di scientificità, sottolinea come sia stato possibile debellare "questo fenomeno fraudolento" solo grazie all'impegno congiunto svolto con le Istituzioni deputate alla tutela della salute pubblica, il Comando dei Carabinieri NAS del Ministero della Salute, e in particolare del Ministro Lorenzin in persona che, sin dall'inizio del suo mandato, si è adoperata per affrontare la questione con un approccio scientifico e non emotivo, supportando il lavoro costante e rigoroso di tutti noi grazie anche all'opera infaticabile di illustri esponenti del mondo scientifico e intellettuale Italiano come Elena Cattaneo, Paolo Bianco, Gilberto Corbellini e Michele De Luca, che si sono esposti personalmente. Sono stati fondamentali anche i lavori dell'Indagine conoscitiva avviata dal Senato della Repubblica Italiana grazie all'azione della stessa Elena Cattaneo, questa volta in veste di Senatrice a vita, congiuntamente al Senatore D'Ambrosio Lettieri e sotto la presidenza della Senatrice De Biasi.
"L'Agenzia - conclude la nota - intende riconoscere anche l'incessante lavoro della Procura della Repubblica di Torino e di alcuni magistrati che hanno compreso sin da subito i reali interessi che hanno alimentato la vicenda e che, purtroppo, non sono mai stati finalizzati a curare persone sfortunate affette da malattie ancora incurabili".
(Cds/ Dire)